Il kamishibai è una forma di narrazione che si svolge attraverso un teatrino di carta, da ripiegare comodamente in valigia, che i cantastorie giapponesi – spesso pedalando faticosamente in bicicletta – portavano con loro di paese in paese fermandosi lungo le strade e nelle piazze, tra gli anni Venti e Cinquanta, nell’immediato secondo dopoguerra. In realtà, la sua origine è antichissima: i primi teatrini in legno (butai, con dimensioni ridotte) cominciarono ad apparire nel Medioevo, realizzati dai monaci buddisti per raccontare la vita e le opere del Buddha a un pubblico tendenzialmente analfabeta.

Semplici storie e disegni accompagnavano il racconto orale stimolando l’immaginazione di chi guardava le scene succedersi in sequenza e intanto ascoltava le intonazioni della voce del kamishibaiya. Oggi il kamishibai conserva ancora intatto il suo fascino e mantiene salde le sue grandi potenzialità per invogliare i più piccoli a una lettura «partecipata», famigliare. La casa editrice Artebambini ha scelto da tempo questa cornice per l’affabulazione domestica e adesso c’è anche Carthusia che ha deciso di rendere le avventure di Piripù più «spettacolari», provvedendo a un taglio filmico.

Il personaggio beniamino di Emanuela Bussolati (con cui la scrittrice e illustratrice ha già vinto il premio Andersen qualche anno fa) torna infatti non su pagina, ma zompettando davanti e dietro «quinte» teatrali, nella nuova serie Tararì tararera (il box magico contiene 18 slide e costa 39 euro).
Piripù bibi si ripresenta al suo pubblico naturalmente con la famiglia e con il suo amico Gonende, l’elefante. Come sempre, attraversa il mondo parlando la sua lingua originale e inventata, che non ha bisogno di abecedari né traduttori perché è fatta di una particolare materia sonora che poi è la stessa delle emozioni. Quindi è universale e viene letta ad alta voce da narratori improvvisati che animano le storie con borbottii, sussurri, esclamazioni comprensibili per tutti, adulti e bambini, in qualsiasi paese del pianeta. D’altronde Piripù è un essere eccentrico, che non appartiene a nessuna specie se non la sua e non può che avere anche un alfabeto specialissimo.