La speranza è l’ultima a morire. Ma certo i risultati del 26 maggio, con Francesco Ferrari al 48% con 8.900 voti, e la pur tenace Anna Tempestini al 28,9% con 5.350 preferenze, su un bacino elettorale di 27.500 cittadini di cui 19mila sono andati alle urne (affluenza al 69,5%), dicono che con ogni probabilità il Pd perderà l’antico Palazzo dei Priori, sede del Comune più importante della Val di Cornia, dopo più di 70 anni di guida Pci-Pds-Ds.
Come a Livorno nel 2014, sul Pd si è abbattuto uno tsunami, arrivato da lontano non nello spazio ma nel tempo, causato da una conduzione amministrativa che da zoppicante è diventata, negli ultimi anni, catastrofica. Dalle Acciaierie al porto, dalle bonifiche all’impiantistica dei rifiuti, fino alla gestione di palestre e piscine con le società sportive storiche a rischio di sfratto, per gran parte dei piombinesi il partito non ne ha azzeccata una. “Il Pd ha fatto politiche di destra – tira le somme l’operaio e sindacalista di base Massimo Lami – quando in questo campo la destra è ovviamente più brava”.
Ad esempio, privatizzando la Discarica Rimateria di Ischia di Crociano e prevedendone un maxi ampliamento, in quello che è stato il tema principale della campagna elettorale, il Pd si è trovato contro l’intera città, già alle prese con la ineludibile ma complicatissima bonifica delle gigantesche aree industriali dell’Acciaieria. “Piombino città dei rifiuti? No grazie!”, hanno urlato i piombinesi. Che solo per un pelo hanno evitato che nel porto si insediasse un impianto industriale, assai inquinante, per l’attività di demolizione e riciclaggio di navi arrivate alla fine della corsa.
Anche l’arrivo di Nicola Zingaretti, con il segretario dem pronto ad assicurare “un impegno al maggior coinvolgimento dei cittadini, con maggior apertura e meno autoreferenzialità”, ha dato l’impressione della chiusura della stalla quando i buoi erano lontani. Mentre l’avvocato Francesco Ferrari, consigliere uscente di Fdi, oltre a Lega e Fi ha al suo fianco tre liste civiche che fanno capire molte cose: “Ferrari sindaco” guidata da Giuliano Parodi, sindaco uscente di Suvereto, ex Pci e Prc; “Ascolta Piombino” di Riccardo Gelichi, ex Pd; “Lavoro&Ambiente” di Carla Bezzini, ex Sel.
L’ex vicesindaco Stefano Ferrini (si era dimesso l’anno scorso), che con la sua lista Spirito Libero non è entrato in consiglio per otto voti, ringraziando gli elettori ha offerto una nitida chiave di lettura della situazione: “Pur appartenendo la gran parte di noi idealmente al campo del centro sinistra, abbiamo capito che lo scontro era tra cambiamento e conservazione, non fra destra e sinistra. Infatti Ferrari prende 1.110 voti in più delle liste di centro destra alle europee, e il Pd quasi 900 in meno”.
Cambiamento contro conservazione anche alle Acciaierie, dove solo l’Usb manifesta in piazza, e si fa conoscere, denunciando l’estenuante gioco del cerino fra il governo e Jindal. Con il risultato di lasciare abbandonato a se stesso il sito siderurgico – l’ad Fausto Azzi ha lasciato pochi giorni fa – in cig i lavoratori, e in stand by il piano industriale, con le bonifiche e i nuovi forni elettrici da costruire fuori città. “Per fare le nuove Acciaierie – ricorda Massimo Lami – con produzioni moderne e non inquinanti, e macchinari non energivori come adesso, ci vuole quasi un miliardo di euro. Chi ce li mette?”. Ad oggi Jindal, che pure è un colosso dell’acciaio, non ne mostra l’intenzione. Ma in questi anni Piombino senza acciaio si è impoverita tanto. E tanto, purtroppo, rischia di impoverirsi ancora in futuro. Chiunque sia il nuovo sindaco.