“Al bar, la mattina, la prima battuta è: ‘Quanti milioni piovono oggi?’. Si ride per non piangere, di fronte a quella che rischia di essere una tragedia sociale”. Il piombinese doc Alessandro Favilli scatta l’istantanea di una città che ormai non crede più a nulla. Né a quanto viene annunciato dai media, né tantomeno a quanto viene detto dalle istituzioni. Perché, a due anni e mezzo dalla sciagurata decisione governativa di spengere l’altoforno delle Acciaierie, il futuro di più di duemila addetti diretti – e di altrettanti lavoratori dell’indotto – è appeso a un filo sempre sottilissimo.

“Noi ci auguriamo che le cose vadano bene – sottolinea Favilli, segretario toscano del Prc – non ci sono gufi a Piombino”. Ma certo è che le difficoltà finanziarie di Issad Rebrab, l’imprenditore algerino patròn di Cevital e ad oggi proprietario dell’impianto siderurgico ribattezzato Aferpi, hanno dato il via a uno stillicidio di indiscrezioni. L’ultima è arrivata da Eliseo Paolicchi, ex direttore commerciale Tenaris Dalmine e ora dirigente della Rivecogeneralsider, azienda con 270 dipendenti che produce e vende in mezzo mondo tubi d’acciaio.

Paolicchi è soprattutto l’uomo che, due anni fa, mise in contatto Rebrab con le istituzioni. Ora al quotidiano online Corriere Etrusco ha rivelato: “Ad Algeri in questi giorni è stato siglato un accordo col fondo sovrano del Dubai, che entrerà nell’assetto societario di Aferpi con un ruolo di controllo”. Di fronte alle prime e immediate smentite del ministero allo Sviluppo economico e della stessa Aferpi, Paolicchi ha poi puntualizzato al quotidiano Il Tirreno: “Ho informazioni dirette ma non partecipo a tavoli di trattativa. Se però l’azienda e il Mise dicono quel che dicono ci sarà un motivo. Forse manca ancora l’ufficialità, forse c’è un raffreddamento. Si tratta solo di attendere per capire, ma vorrei che i piombinesi si convincessero che questa di un fondo sarebbe l’unica soluzione possibile. Servono molti soldi, il fondo li garantirebbe. E se salta la trattativa sarebbe molto preoccupante”.

L’amministrazione comunale ha replicato con toni duri. Tornando a ventilare l’ipotesi di un complotto: “Riteniamo incomprensibile la finalità di chi si preoccupa solo di evidenziare i ritardi ed i problemi sul piano Aferpi – fanno sapere il sindaco Giuliani e l’assessore Ferrini – senza però indicarne le possibili soluzioni, o ipotizzandone altre impercorribili. Pur avendo chiari i problemi, ci siamo impegnati per cercare soluzioni necessarie e possibili, anziché pensare che questo progetto non avesse più ragione di esistere. Chi spera invece che Aferpi fallisca, sappia che sta facendo il gioco della lobby delle acciaierie del nord, che da sempre ha ostacolato il progetto di rilancio del siderurgico a Piombino, per il rischio di perdere quote di mercato”.

Dal palazzo Comunale è arrivato infine un richiamo all’unità d’intenti per il rilancio industriale del territorio della Val di Cornia. Non dissimile da quello fatto da Luciano Gabrielli, storico dirigente Fiom: “Per noi il piano Aferpi deve andare avanti, per dare occupazione e opportunità a tutti, anche ai lavoratori delle imprese in appalto. Qui c’è troppa gente che fa opera di destabilizzazione, su questo aspetto la città dovrebbe riflettere. A Fim, Fiom e Uilm interessa solo il futuro dei lavoratori che il piano può garantire. Su questo noi continueremo a batterci, perché alla fine le acciaierie tornino a produrre e tutte le persone coinvolte abbiano un lavoro”.
La strada resta però in salita. Nonostante la recente intesa con un pool di banche per un finanziamento di 7,5 milioni, come prima tranche di un prestito per assicurare la continuità produttiva dei laminatoi, è da mesi che fra gli addetti ai lavori si parla di una trattativa per far superare a Rebrab l’impasse derivato dai suoi difficili rapporti con la nuova leadership politico-militare algerina.

Come effetto collaterale delle difficoltà del patròn di Cevital, messe nero su bianco a gennaio da un’ impeccabile – e mai smentita – inchiesta del Sole 24 Ore, l’ultimo piano industriale presentato al Mise è assai meno “espansivo” rispetto agli accordi del 2015. Sia per gli investimenti sul fronte del polo agroalimentare che Cevital voleva realizzare nell’area delle Acciaierie, che per l’occupazione. Con la messa in discussione di 5/600 posti di lavoro fra i 2.183 lavoratori della ex Lucchini che Rebrab si era impegnato a far lavorare. Nel frattempo, per diverse centinaia di lavoratori dell’indotto, gli ammortizzatori sociali sono alla fine. E gli interventi promessi dal governo, sulle bonifiche e la viabilità dell’area, tardano anch’essi.