Mentre la Consob decide (sempre in ritardo) il divieto di vendite allo scoperto sul Monte dei Paschi per tre mesi, il governo italiano ribadisce, con Matteo Renzi, che le priorità sono i correntisti e i risparmiatori. Poi che per Mps si auspicano “soluzioni di mercato”. Infine che i derivati delle altre banche europee sono un problema “che vale cento”, rispetto al problema “che vale uno” dei crediti in sofferenza delle banche italiane. Il tutto nel mezzo a una tempesta borsistica sugli istituti di credito che investe l’Europa intera. Alimentata in gran parte dalla speculazione, che nuota come un pesce nell’attuale assetto della finanza globale. Mentre una possibile chiave di lettura per la fuga degli investitori istituzionali arriva dall’Aduc, associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori: “Gli investitori abbandonano le banche e si spostano verso asset giudicati più sicuri, in primis i titoli di Stato dell’area euro, che beneficiano dell’ombrello della Bce con il quantitative easing”.
I dati del giorno a piazza Affari, fatto salvo il rimbalzo di Mps (+6%), sono da bollettino di guerra. E’ bastata un’analisi della grande banca d’affari Usa, Morgan Stanley, sui possibili esiti negativi degli stress test dell’Eba, previsti a fine luglio, per affondare Bper (-7,14%), Banco Popolare (-6,15%) e Carige (-7,6%), mentre la stessa Unicredit finiva in asta di volatilità per poi perdere il 4%. Si salvava solo Intesa San Paolo.
Il problema non è solo italiano: da gennaio a oggi l’indice di borsa delle banche europee segna un ribasso del 40%. E la Deutsche Bank, la più grande banca tedesca e una delle più grandi del mondo, letteralmente immersa nei derivati, ha perso in capitalizzazione nell’ultimo anno quanto tutte le banche italiane messe insieme. Di questi dati Renzi si fa forte, per evitare un intervento pubblico su Mps che sarebbe visto malissimo da un elettorato convinto al 98% (vedi sondaggio de “La Gabbia” di Pierluigi Paragone) che si cerchi sempre di salvare le banche, mentre per i comuni mortali non c’è salvezza. Del resto sono ancora tutti convinti che i Monti Bond (prestito con il 9% di interesse annuo, a salire) fossero un aiuto alla “banca rossa” di Siena.
Di avviso opposto a Renzi c’è il presidente toscano Enrico Rossi, che vorrebbe contendergli la segreteria e che Mps ce l’ha in casa: “Quando lo dicevo io mi davano del comunista, ora un liberale come Giavazzi ha fatto ieri un articolo sul Corriere della Sera dove si dice che la bad bank è una fregatura per i cittadini. E’ un regalo che viene fatto ai banchieri e agli azionisti. E anche il fondo Atlante presenta numerosi rischi. Quindi l’unico modo per intervenire è che lo Stato entri e tuteli le famiglie e le imprese che hanno bisogno di prestiti: entri nel capitale, mandi a casa i vecchi cda, e nomini esso stesso i nuovi membri”. Poi, una volta risanata la banca, “lo Stato potrà di nuovo uscire. Lo hanno fatto negli Stati Uniti, non vedo perché non debba essere fatto da noi”. Tutto vero, e tutto giusto. Ma molto prima di Rossi, per Mps lo aveva chiesto ad esempio la Sinistra per Siena di Laura Vigni. Non certo il Pd, che all’epoca appoggiava Mario Monti.
Se poi Renzi guarda ai problemi delle banche europee, l’Europa fa sapere con Valdis Dombrovskis, neo commissario ai Servizi finanziari, che l’Ue è pronta a intervenire sul caso Mps. Ma attenzione: “Dipenderà anche dalle richieste dell’Italia”. Quanto all’ipotesi di ricapitalizzazione preventiva della banca, “questa è prevista dalle regole, basta seguirle”. Il gioco del cerino insomma, nel quale peraltro Renzi è quasi imbattibile. Intanto Pier Carlo Padoan incontrava a Palazzo Chigi i vertici della Cassa depositi e prestiti. Potrebbe arrivare un nuovo Atlante, a riprova lo stesso Renzi anticipa: “I problemi dei crediti deteriorati si possono risolvere, e sono in fase di risoluzione sia attraverso le modifiche normative appena apportate, che attraverso le iniziative private e di mercato messe in campo”. Come cantava Leonard Cohen: “Una pelle nuova per la solita vecchia cerimonia”.