Non è chiaro se l’integrazione europea sopravviverà al 2017; le tensioni dovute all’austerità che fomentano i partiti antisistema paiono giunte al punto cruciale.

Mentre la Grecia ha dimensioni assai modeste e l’Olanda alla fine pur avendo una economia più vitale non ha un peso decisivo, la Francia non solo ha una caratura politico-economica determinante, ma in queste presidenziali (primo turno 23 aprile, secondo 7 maggio) candidati antisistema sono davvero ad un passo da quella posizione di potere enorme che la carica, in forza dell’iperpresidenzialismo, conferisce al vincitore.

A ridosso delle votazioni esce in Italia un film documentario, frutto del lavoro di 5 anni dei tre registi e che ha raccolto il lavoro gratuito di tantissimi attivisti, che ci aiuta a capire perché l’integrazione sta precipitando.

Si tratta di «PIIGS», dei filmmaker Cutraro, Greco e Melchiorre.

Lo spettatore deve allacciare la cintura, perché in un’ora e un quarto viene condotto nei meandri dei problemi che spesso su questa rubrica cerchiamo di spiegare: cosa sono le politiche di austerità e cosa comportano.

Dando la parola a diversi voci critiche il film compie un mezzo miracolo, raccogliendo personaggi che non la pensano allo stesso modo e alcuni non prenderebbero nemmeno un caffè con gli altri: il liberal Rampini, lo spumeggiante Paolo Barnard, il marxista Valdimiro Giacché, gli esperti della MMT (la controversa e aggressiva scuola economica che enfatizza il ruolo della sovranità monetaria per fare politiche di pieno impiego), il gigante Noam Chomsky, lo scrittore Erri de Luca, l’euroidealista Varoufakis ed altri. Lo fa prendendo da ciascuno gli spunti critici senza tradirne il pensiero.

Ma la caratteristica più interessante è forse il doppio registro della narrazione: accanto alle spiegazioni sulla politica e sull’economia della austerità si snoda una storia sulle loro conseguenze vissute dal basso: la cooperativa Il Pungiglione segue da anni persone disagiate, disabili, marginali per reinserirli nella dignità sociale. Le politiche degli ultimi anni che hanno falcidiato il welfare (si parla nel film di tagli dell’80% per gli enti locali, aggravati nel 2017) le vediamo nei volti tremebondi dall’incertezza ma indomiti dei dipendenti della cooperativa, che non vengono più pagate dalle istituzioni perché i soldi non ci sono più; e quindi hanno portato in piazza la protesta.

Le parti del film che riguardano tale vicenda – l’occhio della telecamera la segue discretamente nelle assemblee dei soci, nei colloqui con le istituzioni, nella manifestazione dimostrativa – sono probabilmente le più toccanti e divertenti.

Dall’altra parte i vari esperti ci rivelano come il problema del debito pubblico e i tagli di spesa non solo siano diretti agli obiettivi sbagliati ma costituiscano gli strumenti del blocco dominante per imporre una tremenda oppressione economica e la cancellazione dei diritti.

Vediamo quindi come i famosi parametri di Maastricht – che restringono la spesa a favore del rigore contabile di Monti – si traducono in basso nell’imbarazzato balbettio di assessori e sindaci: non ci sono soldi, non sappiamo se ci arrivano.

Diritti contro criteri contabili; e il fatto, raccontato dal film (così come fece il programma Rai «Presa Diretta») che essi siano stati scelti a caso (nonostante quel 3% di limite del deficit molti abbiano cercato di giustificarlo con teorie ed elaborazioni nasce completamente senza fondamenti economici) non migliora certo le cose.

È come se i rapporti sulle conseguenze sociali dell’austerità prendessero vita e si rivolgessero allo spettatore.

Chi ha seguito per anni le campagne anti-austerity vede percorrere sentieri già tracciati ma ignoti ancora al grande pubblico. Speriamo che film del genere riescano a svegliare una coscienza collettiva di opposizione.