Pietro Marcello ha dichiarato di aver girato Martin Eden: «In stato di grazia, con un gruppo di lavoro che è diventato come una famiglia. Abbiamo scelto di traslare la storia a Napoli perché è una città di mare, come la San Francisco del libro, ma noi volevamo portare la storia nel Novecento europeo. Napoli è un laboratorio all’aperto, una città accogliente e tollerante in cui non si può che essere disponibili all’imprevisto e all’imprevedibile, come mi ha insegnato il documentario». Secondo il regista campano, Martin è «un personaggio negativo, che perde il contatto con la realtà e si autodistrugge, un po’ come Michael Jackson o Fassbinder, artisti che sono stati in modo diverso vittime del loro successo».

IL PROTAGONISTA Luca Marinelli descrive così il suo personaggio: «Martin Eden è un avventuriero che affronta la vita a viso aperto, uno di quegli scrittori che vuole toccare con mano le cose… È un ragazzo affascinato dalla cultura, attraverso la quale vuole riscattarsi ma, vedendo questa montagna sempre dal basso, quando arriva in cima vi trova qualcosa che non lo soddisfa più, e già durante il cammino prova migliaia di delusioni». Per lo sceneggiatore Maurizio Braucci: «London scrisse questo romanzo per raccontare i rischi dell’individualismo, con grande preveggenza verso quello che sarà il Novecento politico. In modo analogo al personaggio di Eden, London è il grande autore che crede di usare l’industria culturale mentre è l’industria che usa lui e ne trae alla fine un’esperienza di sofferenza e alienazione; che vive il grande conflitto tra fare cultura e cercare di migliorare il mondo con la politica, un dissidio che proviamo in molti; e che infine ci ricorda il valore delle persone, e non la società in senso astratto, perché la cultura dovrebbe servire a emanciparle e a vivere pienamente le proprie vite».

A CHI lo ha interrogato sull’attualità dei rapporti di classe ritratti nel film Braucci ha replicato: «La lotta di classe oggi è unilaterale dei ricchi contro i poveri, e loro sono innamorati dei ricchi. Io vengo da un quartiere napoletano in cui i poveri si vestono come i ricchi e viceversa».
Interpellato sull’uso delle immagini d’archivio, Pietro Marcello ha spiegato: «Nel mio cinema adopero sempre il repertorio, amo lavorare con gli archivi e utilizzarli come contrappunto per calare la storia nel contesto della grande Storia che è anche quella del cinema e il mio film è ricco di riferimenti cinematografici. Ho anche utilizzato diverso materiale girato da me in passato per Il passaggio della linea, La bocca del lupo o Bella e perduta».