Per 62 anni senza carta d’identità. E nessun altro pezzo di carta che, burocraticamente, ne attestasse l’esistenza anagrafica in vita. Pietro a Genova ha vissuto di lavoro nero: niente codice fiscale né conto corrente, telefono o casa. Soltanto in ospedale la sua storia affiora, perché per le cure serve un documento. «Stentavamo a credere che di lui non ci fosse traccia. Allora ci siamo messi a indagare» racconta Vilma Viarengo, responsabile dell’Anagrafe del comune di Genova.
Pietro nasce a Reggio Emilia: La madre lo partorisce, il padre non lo riconosce. Il certificato di nascita dal 1953 resta in un cassetto dell’ospedale. Così bisogna andare a caccia di indizi: la madre sosteneva di vivere a Reggio Calabria, ma nessun riscontro anagrafico. Pietro da bambino è passato da un collegio all’altro, sempre senza identità burocratica. In Liguria, arriva quasi maggiorenne. E campa senza lasciare traccia. Finché l’Anagrafe di Genova non trova il certificato di nascita e può consegnargli la sua prima carta d’identità: «Gli sono brillati gli occhi».