Sul nodo spinosissimo della presenza o meno al Salone del Libro, abbiamo rivolto alcune domande a Piero Manni, co-fondatore con Anna Grazia d’Oria nel 1984 dell’omonima, piccola ma storica casa editrice di Lecce ( ha pubblicato tra gli altri La rivoluzione non russa. Una storia de il manifesto di Valentino Parlato)che pubblica in questi giorni il libro dell’ex presidente della Commissione P2, Tina Anselmi Gabriella in bicicletta. La mia Resistenza raccontata ai ragazzi. Libro che la presidente dell’Anpi Carla Nespolo avrebbe dovuto presentare al Salone insieme a Bruno Gambarotta (prisedente dell’Archivio cinematografico della Resistenza).

Come avete preso la decisione di Carla Nespolo di non partecipare alla presentazione della Manni editore per protesta contro la presenza delle edizioni fasciste Altoforte, in sintonia con Raimo, Wu Ming e Ginzburg?
Noi naturalmente condividiamo la posizione di Carla Nespolo e dell’Anpi: la casa editrice in questione non avrebbe proprio dovuto essere presente per i suoi dichiarati contenuti fascisti; né vale il ragionamento formale che il Salone del libro non può sostituirsi alla magistratura nel giudizio sulla natura della casa editrice in questione. Non vale perché il Salone del libro rappresenta uno dei momenti più alti del dibattito culturale italiano e a questo dibattito i fascisti non possono essere ammessi.

Pur condividendo le posizioni di Carla Nespolo, voi però avete deciso di presentarlo lo stesso il libro di Tina Anselmi d’accordo con Bruno Gambarotta che interverrà. Perché?
Perché non vogliamo assolutamente lasciare campo libero a Casa Pound e ai fascisti e vogliamo essere, sempre e comunque, presidio di resistenza a questi rigurgiti fascisti che proprio in questo momento sembrano dilagare in Italia. Tantopiù che questa cosiddetta casa editrice, pubblicando la sua autobiografia, è in piena sintonia con il ministro degli interni Matteo Salvini, le cui politiche governative consentono questo clima.

A Torino è accaduto che anche i consiglieri comunali del M5S si siano espressi contro la partecipazione dell’«editore» fascista al Salone…
Sì, è vero. Ma il M5S sta al governo con l’uomo che viene esaltato in questa biografia. E alla fine, dopo tanti litigi, le componenti di questo governo si sostengono a vicenda. Insomma il M5S alla fine appoggia l’operato anti-migranti che caratterizza le politiche xenofobe e razziste del ministro degli interni.

I piccoli editori indipendenti, della cui Associazione (Adei) fate parte, si sono riuniti e hanno preso una decisione, quella di restare. Che cosa dicono?
I piccoli editori si sono riuniti e ribadiscono l’hashtag #iovadoatorino. Ricordano a tutti che tre anni fa, gli editori indipendenti «salvarono» il Salone del Libro di Torino, ciò che rappresentava per una città e un’economia, per un’idea precisa di pluralismo. Proprio con la cultura dell’editoria indipendente. E il successo fu clamoroso. A tre anni di distanza, la minaccia viene da una «società civile» profondamente cambiata. È cambiato il governo, la nostra posizione in Europa e la percezione delle priorità. E anche nel mondo del libro è però cambiato qualcosa. È nata un’associazione che riunisce la maggior parte delle case editrici indipendenti italiane, che da molti mesi si batte per una Legge più equa per il sostegno del libro e della lettura. L’Associazione fa proprie le parole del direttore del Salone del libro di Torino, Nicola Lagioia, quando avverte che «la comunità del Salone possa sentirsi offesa e ferita dalla presenza di espositori legati a gruppi o partiti politici dichiaratamente o velatamente fascisti, xenofobi, oppure presenti nel gioco democratico allo scopo di sovvertirlo». È l’offesa che Manni editore e noi tutti sentiamo. Ma mettendo al primo posto, per sostenere indipendenza, pluralismo, bibliodiversità, il profondo valore dell’«esserci», a Torino. Lo slogan di tre anni fa ci sembra più che mai attuale.