In attesa dei tre concerti che si dipaneranno nel corso del mese di Luglio con Stefano Bollani, Caetano Veloso & Gilberto Gil e Chick Corea Udin & Jazz ha concluso la venticinquesima edizione con una notte all’insegna dei ritmi in levare nella Piazza del Castello con La North East Ska Jazz Orchestra la sua settimana udinese. L’incontro tra il Jazz e la musica classica è avvenuta al Festival friulano ancora una volta nel segno del compositore George Gerswhin.

Non con la pomposità scintillante dei fortunati lavori della coppia Bollani-Chailly ma con l’austera essenzialità del duo di pianoforti di Enrico Pieranunzi e Bruno Canino. Il primo è uno dei maggiori stilisti del jazz italiano, non nuovo al rapporto con la tradizione accademica come ad esempio il pregevole lavoro su Domenico Scarlatti, l’altro semplicemente uno dei più grandi interpreti del repertorio classico. Il jazzista romano compie un lavoro titanico di trascrizione da rulli di pianola, brani orchestrali, rag e canzoni. Non dunque una semplice rilettura ma una vera e propria riscrittura delle opere del padre della canzone popolare americana del Novecento, «non un jazzista ma uno che conosceva il jazz» come lo definisce con precisione Pieranunzi. Musica che stupisce ancora per la sua grazia nelle esecuzioni dei due pianisti: impeccabile e leggero come un battito d’ali di farfalla Canino, intenso nelle venature blues Pieranunzi. I due rendono alla perfezione l’ottimismo e l’ammiccante sensualità di Rialto Ripples, I Got Rythmn, Un americano a Parigi e dei due pezzi di altro autore, Scaramouche di Darius Milhaud e Duke’s Dream dello stesso Pieranunzi. Il progetto sarà registrato e pubblicato a breve.

La rassegna udinese ha offerto, nel suo variegato programma, due interessanti formazioni che indicano come il jazz non debba per forza rimanere prigioniero di modelli oramai logori che lo condanneranno, se non cambia, a diventare musica da repertorio o a musica per musicisti, autoreferenziale e sostanzialmente inutile. Il quintetto Malkuth è formato da cinque giovani talenti del nordest: Mirco Cisilino alla tromba, Filippo Vignato al trombone, Filippo Orefice al sax tenore, Mattia Magatelli al contrabbasso e Alessandro Mansutti alla batteria. La loro musica si libera dalla gabbia tema-assoli-tema e si prende tutto il tempo necessario. I cinque musicisti lasciano che i suoni si generino e si agglutino intorno a cellule melodiche o ritmiche. I temi ci sono ma possono apparire a metà o alla fine di un brano, che può contenerne più di uno. Improvvisazione collettiva controllata. Il trio di fiati spesso lavora senza la ritmica sviluppando corali, linee polifoniche, riff e dialoghi intrecciati.

La ritmica è libera di tenere il tempo con un groove rock oppure di frantumarlo. La forma si crea e si trasforma continuamente. Un canto struggente di sapore ornettiano o capriole boppistiche appaiono all’improvviso come lampi in un cielo estivo. Un gruppo magnifico anche per la bellezza e l’originalità del suono di ogni musicista che però suona sempre al servizio dell’insieme.

Altro buon ensemble ascoltato è il quartetto del batterista veneto residente a New Orleans Marcello Benetti con Dan Kinzelman alle ance, Jeff Albert al trombone e Helen Gillet al violoncello. Per quanto riguarda gli esiti artistici da questa Udin & Jazz emerge rafforzata la fama dei musicisti della regione che hanno offerto tra le cose più emozionanti della rassegna. Un ulteriore motivo di riflessione per quanti, operatori e critici, hanno a cuore il futuro del jazz. Come attrezzarsi a fare in modo che venga riconosciuto e valorizzato l’enorme capitale creativo del jazz italiano è uno dei temi più stringenti dell’attualità.