Il Piemonte vive il prossimo passo come su un filo sospeso. Essendo la seconda regione più colpita d’Italia dal coronavirus i timori restano alti, ma gli esperti della task force esprimono ottimismo, seppur con tutte le cautele del caso.

«Il Piemonte sta gradualmente uscendo dalla fase critica», ha detto l’epidemiologo Paolo Vineis, che ha condotto un monitoraggio regionale sulla curva di coronavirus. L’Rt, l’indice di trasmissibilità dopo l’adozione di misure di lockdown, sarebbe calato in pochi giorni da 0,5 a 0,34.

Il governatore Alberto Cirio, ieri, ha annunciato il calendario delle riaperture: da lunedì 18 maggio apriranno tutti i negozi al dettaglio, i saloni per parrucchieri, i centri estetici, gli studi di tatuaggio e piercing, i servizi per gli animali e tutte le altre strutture ricettive al momento ancora chiuse. Dal 20 maggio, i mercati all’aperto potranno ospitare anche i banchi extralimentari.

Tra il 23 e il 25 maggio potranno, infine, riaprire anche bar e ristoranti e resta tuttora consentito il servizio di asporto.

Oltre all’emergenza sanitaria – ieri si sono registrati 37 decessi (3.594 è il numero totale) – preoccupano le conseguenze economiche in un territorio che ha patito enormemente l’ultima grande crisi, con chiusure di fabbriche, delocalizzazioni, record di ore di cassa integrazione e una Fiat – un tempo motore produttivo della zona, ora ribattezzatasi Fca ed emigrata altrove – ridotta ai minimi termini. Quella del lavoro è una questione su cui si espresso, ieri, anche l’arcivescovo Cesare Nosiglia, invitando a essere più solidali: «Rimane la grande sfida ancora da combattere e da vincere, qui, dove già prima dell’epidemia le condizioni di moltissimi lavoratori e delle loro famiglie erano precarie e incerte».

Proprio il tema della povertà si è palesato per giorni, nella sua drammaticità, davanti a Palazzo Civico con la protesta di oltre quaranta senza tetto, sfrattati dal dormitorio temporaneo di piazza d’Armi e poi ricollocati dal Comune in un hangar di Torino Esposizioni, considerato, però, da movimenti e associazioni «completamente inadeguato».

Per affrontare questo nuovo step della Fase 2, il Piemonte punta sul tracciamento dei contagi, grazie anche all’apporto dei medici di base con il ruolo di sentinelle del territorio. L’avvio del piano è, però, in ritardo, nonostante l’esultanza dell’assessore regionale all’Innovazione Matteo Marnati, per il quale il Piemonte su tracciamenti e tamponi avrebbe fatto la parte del leone. Così, non è stato.

L’altro tallone d’Achille sono state le Rsa, la Fondazione promozione sociale, che si batte per i diritti dei malati, ha dato vita al «Comitato parenti vittime nelle Rsa» e sta raccogliendo le storie di parenti di anziani malati non autosufficienti deceduti a causa del coronavirus o di episodi di abbandono terapeutico nelle Rsa, per inviare tutte le segnalazioni alla Procura e ai Nas.