Grande più o meno come un quarto della Corsica, in posizione defilata tra il Madagascar e le Mauritius, L’île de La Réunion sembrerebbe un po’ piccola e decisamente fuori mano per ospitare un festival che non ha nulla da invidiare in termini di gigantismo e parterre di star ai grandi raduni musicali d’Europa e della Métropole, come chiamano la Francia da quaggiù, 10 mila km più a sud. Il dato che meglio spiega il fenomeno è ovviamente di ordine economico, essendo Réunion l’isola con il più alto reddito pro-capite di tutto l’Oceano indiano, per non dire di servizi e infrastrutture dell’altro mondo, rispetto alle realtà dell’Africa più prossima. E senza nulla togliere all’epica che gli aspetti legati alla sola logistica possono offrire alla narrazione, il fatto che questo territorio d’outremer sia dal referendum del 2009 regione francese e d’Europa a tutti gli effetti, aiuta.

COSÌ NELLA «CAPITALE DEL SUD» Saint-Pierre vennero prima i tre giorni dell’Indian Ocean Music Market (Iomma), con un fitto programma di conferenze, workshop e showcase per valorizzare e mettere in rete le esperienze, i talenti, le figure professionali di un’area che va dal Sudafrica all’India e all’Australia, con tutto quel che c’è nel mezzo. Sforzo immane di egualitarismo, che se bastasse l’esser bagnati dallo stesso mare per avere le stesse chance in campo artistico staremmo un pezzo avanti anche nella lotta alle diseguaglianze globali. Passati i 24 mini-concerti in programma dalle diverse “rive”, diversamente dislocati e variamente partecipati anche da un pubblico non professionale, con gerarchie finalmente scombinate e dissociate dai rispettivi Pil, la quota di buona musica pro-capite pareva già appagante. Ma l’offerta era destinata a degenerare con l’inizio di Sakifo (contrazione creola di ce qu’il faut, quello che ci vuole, mica eccessi), festival nato quattordici anni fa nel piccolo centro di St. Leu e nel frattempo cresciuto a dismisura, fino a diventare «Super Sakifo».

Nova Twins
Nova Twins

 

UNA SESSANTINA I CONCERTI spalmati lungo tre serate e su sette palchi, impianti e disegni luci all’ultimo grido, centinaia di artisti e live acts di richiamo alto-medio-basso catapultati qui da almeno tre continenti, con folta rappresentanza locale a tener alta soprattutto la bandiera del maloya, uno dei lasciti culturali più importanti dell’era dello schiavismo. Sono 30 mila gli «schiavi del ritmo» passati nelle tre serate del festival all’interno della Ravine Blanche, una striscia di terra spettinata dagli alisei che soffiano costanti in questa stagione, stretta tra la strada e la spiaggia, più altre migliaia nelle attività collaterali fuori dal “recinto”. Compresa una luminosa matinée family-friendly, sul mare del quartiere Terre Sainte, con le soffici canzoni creole di Risofé Ousaousava per variegata umanità da 0 a 90 anni.

PER POGARE NELLA POLVERE delle varie arene servono da un minimo di 30 euro a serata a un massimo di 100 per l’abbonamento «vip», che aggiunge qualche concerto esclusivo, la possibilità non scontata di uscire e rientrare a piacimento, occhiate indiscrete sulle aree in cui gli sponsor (telefonia e champagne parigini, rum locale) stappano bottiglie. Considerando qualità del suono e organizzazione si spende meno che altrove, ma abbastanza per vedere subito alterarsi la composizione “etnica” e sociale dell’isola, con un netto prevalere di ragazzi bianchi rispetto a quanti ne circolano nelle strade. Filosofia cashless, nel senso che per evitare le file carichi i soldini sul chip che fa da biglietto e un’apposita applicazione gestirà il tuo budget.

MOLTO PIÙ ALL’ANTICA il massiccio sistema di sicurezza, con cani che cercano esplosivo e bontà loro si disinteressano alle acide nuvole di erba africana che si alzano lente, senza bisogno che sul palco ci sia Damian Marley. Un nugolo di guardie private, o temporaneamente privatizzate al pari del terreno, vengono schierate persino sulla spiaggia confinante per impedire ai ragazzi di avvicinarsi alla risacca. Si direbbe temendo suicidi di massa dopo un concerto dei Tryo, ma la battuta sarebbe del tutto fuoriluogo: ognuno troverà il suo pubblico adorante, e le critiche sulle pagine locali saranno parimenti compiaciute.

Ngaiire
Ngaiire

 

Del resto la varietà qui è una religione e il rispetto reciproco che regna in questo circo fracassone lo si pretende simmetrico a quello che renderebbe più che mai gradevole la vita sull’isola, idealizzando quanto basta l’arcobaleno réunionnais. Il maloya amato e praticato ben aldilà dei discendenti degli schiavi non è moda ma bene comune. Anche se il modo in cui il set incendiario degli Urbain Philéas ne riaggancia le dinamiche all’Africa suona senza appello.

TRA LE SUPERSTAR in programma, il già citato rampollo della dinastia Marley è apparso e scomparso in un delirio rastafariano vecchia scuola, tutto intro roboanti e poca sostanza. Keziah Jones si è invece rivelato tanto muscolare nei suoni quanto fiacco in empatia con una platea come questa, giovane e meno giovane in parti ora più simmetriche, il pubblico francese a cui l’artista nigeriano deve molto della sua dimensione da “palco centrale”, in una kermesse come questa. A brillare sono semmai i fulminanti groove post-atomici delle britanniche Nova Twins. O un personaggio come Baloji, più congolese e meno belga che mai, meno rapper e più funambolo del soukouss prossimo venturo, due metri di energia scalciante che coniuga divertimento e ammonimento: «Questa non è world music, non è musica “del mondo” e tanto meno del “terzo mondo”». Viva.

Jojo Abot
Jojo Abot

 

MA LA RAGIONE ULTIMA di una serata o forse tre, al Sakifo, può anche ricercarsi in direzione dei palchi “minori”. Dove osano e giganteggiano figure minute, alle prese con musiche spiazzanti, di detonante avvenire, inshallah. Jojo Abot, giovanissima performer divisa tra Accra e New York, che mescola fotografia, danza e crepitanti minimalismi sonori con una strana dolcezza aggressiva, un vago e rauco presentimento, accanto al surreale nu-soul dell’australiana Ngaiire, al dream-pop del sudafricano Bongeziwe, al cosmic blues dei mauriziani Tritonik. E via inventando.