A volte, i bambini danzano. Lo fanno nei loro momenti liberi, per puro gioco, per testare i limiti del loro corpo, per divertirsi a immaginare esistenze parallele. Lo fanno gironzolando per casa a piedi scalzi, ma anche guidati in coreografie complesse, nei teatri del mondo, interpreti d’eccezione di storie universali che non riguardano soltanto la loro infanzia, ma l’umanità tutta.

Il Ballo del Qua, nato da un progetto triennale di lavoro con un gruppo di mini-danzatori (età massima undici anni), è una coreografia di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni per un pubblico da zero a novanta anni che, come spiegano gli artisti, insegue l’essenza inopportuna dei corpi acerbi dei performer, la loro capacità di travestimento e movimento libero, «il loro salvarci dalla serietà della vita».

I sette ballerini sono stati filmati da Francesca Pedroni che, come autrice e regista, ha mandato in onda su Classica HD (Sky, canale 138) un documentario su questo spettacolo dal gusto onirico. Lo ha ripreso quasi in punta di piedi, in versione integrale, rispettandone lo stupore che lo compone e che trasuda in ogni sequenza. Il suo video intrappola la meraviglia di un’opera dove si salta la trama e si lascia intatto il desiderio di trasgressione dei bambini, quella capacità di intrecciare insieme tempi e spazi lontani, fuori dalla realtà.

Il prossimo 18 gennaio, la compagnia Abbondanza-Bertoni riprenderà a Ravenna il suo Romanzo d’infanzia, questa volta una coreografia che prevede spettatori dai sei anni in su (Il Ballo del Qua, invece, è danzato da bambini, ma non è rivolto solo a loro, in maniera esclusiva).

Al centro, le emozioni, gli intrecci famigliari, il disagio della solitudine e l’incomprensione che spesso si trasforma in brutale attacco alla fragilità infantile, alla personalità che va evolvendosi senza appigli né comunitari né sociali e con una «assenza» di assunzione di responsabilità genitoriale. È l’orphanage psicologico a occupare il palcoscenico, fra fughe, disperazioni, patti di fratellanza e ancora separazioni dolorose.

Anche un artista come Virgilio Sieni si è affidato a giovanissimi danzatori nel progetto itinerante Cerbiatti del nostro futuro. Era il 2011 quando il lavoro venne concepito, diviso in tre fasi: elaborazione creativa, trasmissione, scambio. Il tutto si sviluppava in più spettacoli che si passavano il testimone in laboratori diversi di varie città e scuole.
Un repertorio che ha rappresentato anche un’educazione sentimentale per ragazzi di età compresa fra i dieci e i quindici anni. E quell’esperienza formativa è stata talmente intensa da non poter evaporare in un giro di stagioni. Sieni ha compreso che avrebbe dilapidato un patrimonio ricco di sfumature. Così nel 2013 ha dato vita a Butterfly Corner, che prevede quattro danzatrici teenagers, riunite in una compagnia stabile.