A far zittire una neonata pestifera riesce solo un pezzo di stoffa nera scivolosa che lei prende a ciucciare in silenzio e che per lungo tempo porterà con sé, come oggetto transizionale che la aiuterà nella sua crescita. L’«oggetto» in questione ha un alto valore simbolico: è il costume con cui la cugina Getrude di quella bambina strillona e vivace si allena pervicacemente nel nuoto alla ricerca di risultati da Olimpiadi. Che arriveranno e le faranno stabilire alcuni record non proprio scontati per le ragazze di quel tempo, come lei. Gertrude Ederle sarà infatti la prima donna ad attraversare la Manica a nuoto nel 1926 (dopo un primo fallimento a causa di un malore non desisterà e ci riproverà con successo l’anno seguente), mentre più volte salirà sul podio stracciando le avversarie e conquistando l’oro con la staffetta. Nella strana graphic novel che in realtà è un genere ibrido di lettura, un prodotto editoriale a sé, pubblicata da Sinnos – Controcorrente di Alice Keller e Veronica Truttero (per le illustrazioni) – la campionessa di nuoto ha una cugina, Emily, che non vede mai (e forse neanche conosce e che naturalmente è una invenzione letteraria) ma che dà l’avvio al suo personale romanzo di formazione guardando ai suoi traguardi. Tiene con sé una foto di Gertrude strappata dal giornale e sogna un giorno di diventare brava come lei, la sua eroina.

Henriette_d'Angeville,_J._Hébert,_1838
Non accadrà, almeno non nelle bracciate a stile libero (che comunque Emily imparerà a praticare clandestinamente, sfuggendo al controllo della sua famiglia «normale», che mira per le sue tre figlie a matrimoni benestanti e a educate apparizioni delle fanciulle in società). Eppure, sfidando la paura e facendo un training intenso, riuscirà a raggiungere una sua specialissima autonomia.
Con lei poi c’è Leo, ragazzino non giudicante, modello maschile che solidarizza e non ironizza né si vanta di fronte alle cadute e le riprese, una figura di compagno di giochi e di crescita da riscoprire in questi tempi bui in cui tutti sembrano ammalati di potere e poco propensi alla vicinanza tra sessi.

Sinnos insiste sulle girls sportive che se ne infischiano delle regole del loro tempo anche in Una ragazza in cima di Francesca Brunetti (disegni di Marianna Coppo): è la storia vera della contessa Henriette D’Angeville, viaggiatrice senza sosta, che a 44 anni scalò il Monte Bianco e se la cavò fra i ghiacci e le temperature polari, mentre tutti sostenevano che le spedizioni ad alta quota e l’alpinismo «non erano cose per donne. D’altronde, era il 1838. In cima alle Alpi la contessina giunse alle 13 e 25 del 4 settembre, seconda donna a compiere l’impresa, dopo molti sonni improvvisi, il cuore che batteva all’impazzata e la consapevolezza che forse non ce l’avrebbe fatta e sarebbe morta lassù, guardando le nuvole correre veloci.
In faccia, Henriette aveva una pomata al cetriolo per proteggersi dalle scottature e dalle raffiche gelide del vento, per cibo cosciotti di pollo e, in tasca, molti taccuini su cui buttare giù ogni pensiero che le si presentasse tra le guglie rocciose e il cielo. Esiste un suo diario che testimonia la caparbietà del desiderio.