La buona notizia, arrivata ieri, è che Piccola patria di Alessandro Rossetto, sarà al prossimo festival di Rotterdam – 22 gennaio – 3 febbraio – il primo appuntamento importante di immaginario della stagione. La sezione che lo ospita si chiama «Spectrum» nella quale – come spiega il sito del festival – vengono mostrati i «film di registi esperti e di maestri del cinema di ricerca e sperimentale». Non male per un’opera prima indipendente che la scorsa Mostra del cinema ha selezionato per la sezione Orizzonte – questa edizione particolarmente alta nella qualità, peccato che la programmazione fosse «schiacciata» sul concorso. Perché arrivare al festival di Rotterdam per i film italiani non è per nulla scontato, e per ragioni molto diverse. Da una parte c’è il fatto che la manifestazione olandese fa «poco punteggio» ministeriale (vedi crediti per i finanziamenti pubblici). C’è poi la vicinanza con la Berlinale (anche quello un appuntamento negli ultimi anni non facilmente accessibile), e l’idea diffusa (forse anche perché mediaticamente meno seguito in Italia) che sia un festival non importante. Sbagliatissimo. A Rotterdam si danno infatti appuntamento produttori e distributori da tutto il mondo, il Cinemart, il mercato di coproduzione, è molto ambito. E poi vi passano tutti i direttori dei festival mondiali più di tendenza, molti anzi lo preferiscono a Berlino.

Però la poca disponibilità italiana non è la sola ragione che ha spinto i selezionatori a ridurre la presenza italiana. Ai più il cinema nostrano piace poco, o meglio poco si accorda alle linee di indirizzo che attraversano il festival. Piccola patria però è un film speciale, che bene si sintonizza con le linee di ricerca più esigenti su cui si muovono i programmer a caccia di sorprese. Rossetto, che ha alle spalle un lungo lavoro nel documentario, e soprattutto un occhio sensibile alla materia del reale, unisce qui narrazione e geografie, paesaggi intimi e collettivi, racconta un’Italia (mondo) presente rendendola cinema. Siamo nel Veneto di una periferia anonima, come la vita e gli orizzonti delle persone che vi appartengono. I soldi (gli schéi, li chiamano in dialetto) due amiche, la voglia di fuggire, i pensieri affogati nel caldo soffocante dell’estate …

Dice Rossetto (che ha scritto la sceneggiatura insieme a Caterina Serra e Maurizio Braucci): «Abbiamo lavorato su una miriade di fatti reali visti, sentiti e vissuti e su profili di persone reali. Poi si sono inseriti frammenti di cronaca. Volevamo sperimentare un racconto di finzione legato alla realtà».

In Spectrum troviamo, tra gli altri, anche l’artista cinese dissidente Ai Weiwei col suo nuovo documentario, Ai Weiwei’s Appeal¥15,220,910.50, nel quale ricostruisce con precisione quasi «maniacale» (stando a chi lo ha visto) il suo arresto per evasione fiscale. In prima mondiale la nuova opera di Khavn de la Cruz, nome di punta nelle generazioni del nuovo cinema filippino cresciuto in questo millennio, con EDSA XXX: Nothing Ever Changes in the Ever-Changing Republic of Ek-Ek-Ek, e Supernatural di Thunska Pansittivorakul (Thailandia).