Secondo i numeri, il contagio frena, ma c’è l’incognita dei tamponi, meno numerosi del solito. Le regioni attiveranno i test in strada per aumentarli. La demografia aiuta a descrivere l’epidemia.

PER UN GIORNO, i numeri che descrivono l’epidemia frenano sul serio. I nuovi contagi sono circa 4000, cioè 1200 in meno rispetto a domenica. Crescita striminzita al 2% anche per i nuovi ricoveri in terapia intensiva, 76. Il numero dei morti in 24 ore è ancora molto elevato: sono 812, una cinquantina più del giorno prima. Ma quello delle vittime dipende dal numero di persone che si sono ammalate nelle settimane precedenti, quindi è normale che si muova in ritardo. I dati, sebbene siano positivi, vanno presi con cautela. Il calo coincide di nuovo con il fine settimana, quando il numero di tamponi effettuati scende. Ieri ne sono stati effettuati meno di 24 mila contro i 35 mila di venerdì. Capire se i tamponi diminuiscano perché ci sono meno malati o viceversa è sempre difficile.

Ma il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli, che ha comunicato il bollettino quotidiano insieme al capo-dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, non ha dubbi: «Le misure hanno avuto un effetto importantissimo», ha detto. «Nelle aree di Lodi e di Bergamo il numero di chiamate ricevute dalle ambulanze è dimezzato rispetto a metà marzo», ha aggiunto Locatelli. «È assolutamente necessario non abbassare la guardia e continuare a seguire le norme».

È PRESTO PER PARLARE di ritorno alla normalità: «Stiamo andando nella direzione giusta e non dobbiamo cambiare strategia ma sarà un processo di ritorno alla normalità graduale». Rivestendo per un attimo il camice del pediatra, Locatelli spiega che anche i bambini dovranno aspettare: «È una decisione che spetta alla politica, ma se mi chiede una personale opinione, ne riparliamo dopo Pasqua». È una risposta indiretta alle petizioni che rimbalzano sui social network per chiedere «un’ora d’aria» almeno per i bambini, certo rispettando le norme di sicurezza.

Locatelli ha annunciato l’attivazione di sei studi clinici su nuovi farmaci anti-Covid-19, più due che hanno già ricevuto il benestare dell’Agenzia Italiana del farmaco e stanno per partire. «Tra questi – spiega – è importante sottolineare due studi. Il primo è quello promosso dall’Oms per testare diversi approcci di terapia farmacologica per prevenire la replicazione virale, che arruolerà un numero di pazienti decisamente molto alto e che ci consentirà di avere delle risposte solide, robuste e definitive sull’efficacia di varie strategie farmacologiche. L’altro studio, spiega Locatelli, riguarderà le terapie somministrate ai pazienti a domicilio».

PER AUMENTARE il numero dei tamponi effettuati giornalmente, Locatelli ha comunicato che la rete dei laboratori autorizzati ad analizzarli è stata allargata fino a includere 126 centri, distribuiti su ogni regione d’Italia. Erano meno di 40 all’inizio dell’epidemia. E oggi la conferenza Stato-Regioni potrebbe ratificare per tutto il territorio nazionale l’introduzione dei test «drive-through», in cui il tampone viene prelevato senza scendere dell’automobile. Iniziative simili sono in corso in varie regioni. Nel Lazio i camper dell’Ordine dei medici si sono diretti a Nerola per effettuare tamponi e test sierologico sugli anticorpi a 200 abitanti del paesino in provincia di Roma che ospita un focolaio. Se i risultati delle due tecniche saranno gli stessi, sarà incentivato l’uso dell’esame sierologico che dà risultati in tempi più rapidi. Dopo lo screening su Nerola, punteranno ai quartieri di Roma in cui si registra una maggiore concentrazione di casi positivi.

L’OBIETTIVO È QUELLO di avere più tamponi per circoscrivere l’epidemia e per capire la vera entità del contagio, un dato imprescindibile per deliberare il rafforzamento o l’ammorbidimento delle misure di contenimento. Anche la demografia può aiutare. Ieri è stato diffuso un rapporto del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione del Lazio, che coordina il monitoraggio della mortalità giornaliera in una ventina di città-campione. Dal rapporto, emerge che nella zona rossa nel mese di marzo la mortalità è aumentata notevolmente, come già dimostrato dalle inchieste del manifesto e di altre testate. A Brescia, ad esempio, nel mese di marzo i morti sono quasi raddoppiati (+88%) rispetto allo stesso periodo degli anni scorsi. Tampone o no, il Covid-19 si misura anche così.

Analisi dei numeri