È il passaggio di un confine la storia raccontata da Questi giorni, il nuovo film di Giuseppe Piccioni presentato in concorso a Venezia e a breve, il 15 settembre, nelle sale italiane distribuito da Bim. A definirlo il racconto di un passaggio – «che comporta delle perdite e non avviene necessariamente in maniera fluida e semplice» – è Chiara Ridolfi, sceneggiatrice del film insieme allo stesso Piccioni e a Pierpaolo Pirone.

Il viaggio estivo a Belgrado di quattro studentesse universitarie è stato raccontato lasciando in secondo piano le esigenze della trama in senso stretto: «Ci siamo concentrati sulle vicende delle ragazze protagoniste, sui loro sentimenti – spiega Pirone – e abbiamo visto dove ci portavano, seguendo alle volte delle digressioni piuttosto che azioni significative».

La modalità di scrittura è stata abbastanza inconsueta aggiunge infatti il regista: «Abbiamo cercato di evitare tutto ciò che potesse sembrare premeditato, così come non ci sono tante giravolte e accadimenti nella storia».

Al Lido, a presentare Questi giorni insieme a Giuseppe Piccioni ci sono tutti gli interpreti a partire dalle quattro giovani protagoniste Marta Gastini, Caterina Le Caselle, Maria Roveran e Laura Adriani.

E ci sono anche gli «adulti»: Sergio Rubini, nel film il padre di Angela, Filippo Timi e Margherita Buy, rispettivamente il professore e la madre parrucchiera di Liliana, la ragazza che scopre di avere un tumore.

«Adria, la mamma di Liliana, rappresentava per me la possibilità di interpretare un ruolo diverso dal solito – racconta l’attrice – è una madre bambina, che si comporta come se fosse lei la figlia e ha un modo burbero di manifestare la propria affettività».

Durante il viaggio, gli adulti però restano a casa. Come spiega Piccioni la storia appartiene alle ragazze, alla loro amicizia, «all’ingresso inconsapevole in una nuova fase della vita».

Come è stato costruito il racconto?

Non volevamo fare un road movie nel senso epico del termine, con il Gran Canyon sullo sfondo: piuttosto abbiamo deciso di scommettere su una tenuta narrativa insolita. La storia in sé poteva sfiorare il rischio del cliché, mentre noi desideravamo fare un film più vivo che non si adagiasse sui dettami di una trama convenzionale. Infatti Questi giorni non comincia con il viaggio stesso, come gli altri film appartenenti al genere: l’inizio è intermittente, dissemina alcuni dei temi principali con dei toni da commedia. Poi, durante la traversata verso Belgrado, i tempi si dilatano: sulla strada i personaggi si trovano di fronte al nucleo centrale dei loro problemi. Nel terzo e ultimo movimento invece il senso della storia è più diluito e la musica ha un ruolo centrale

«Questi giorni» affronta il tema della gioventù…

Non mi piace considerarlo un film giovanilista né una storia generazionale: le quattro ragazze sono colte e raccontate nel loro presente. Motivo per cui nella sequenza dove le vediamo cantare insieme non ho voluto che si sentisse la canzone, per evitare ogni connotazione nostalgica: loro vivono il momento attuale.

In che modo la loro vicenda si inserisce nell’Italia di oggi?

Il film diciamo così «commette» degli atti di libertà che ci fanno capire che non si sta parlando della massa indistinta dei giovani, o «delle ragazze»: sono proprio le Angela, Liliana, Caterina e Chiara a essere in primo piano. Per questo ho evitato qualunque riflessione sociologica sull’attualità, nel film non ci sono talk show cinematografici sulla disoccupazione. La storia ha però un doppio fondo, è percorsa da elementi che esprimono temi attuali come il desiderio di futuro, la fame di vita.