Abusi fisici e mentali, e anche torture. Questo è il racconto che due dei quattro prigionieri politici palestinesi riarrestati dopo l’evasione dal carcere di Gilboa hanno fatto durante il primo incontro nel centro di detenzione di Jalama che hanno avuto con i loro avvocati. Khaled e Ruslan Mahajneh del team legale della Commissione per gli affari dei detenuti dell’Autorità nazionale palestinese hanno avuto colloqui separati nella notte tra martedì e mercoledì con i cugini e compagni di fuga Mohammed e Mahmoud al Ardah. Al termine hanno riferito ai giornalisti quanto avevano ascoltato nei minuti trascorsi con i loro clienti.

Parlando a Palestine Tv, Khaled Mahajneh ha denunciato che Mohammed al Ardah è stato privato del cibo, del sonno e delle cure mediche durante gli interrogatori. «Mohammed ha subito e sta ancora subendo torture» ha detto «dopo il suo arresto è stato portato a Nazareth ed interrogato in modo molto duro. In una stanza molto piccola c’erano circa 20 agenti dell’intelligence che lo hanno spogliato di tutti i suoi vestiti, compresi gli indumenti intimi, e lo hanno costretto a rimanere nudo per ore. Poi gli hanno dato uno scialle per coprire i genitali e lo hanno trasferito al centro interrogatori di Jalama». Mahajneh ha aggiunto che Al Arda è stato colpito alla testa durante l’arresto «ed è ferito sopra l’occhio destro ma fino a questo momento non ha ricevuto le cure mediche di cui ha bisogno. Ha tagli e graffi su tutto il corpo».

Mahmoud al Ardah, 46 anni, e Yaqoub Qadri, 49 anni, sono stati catturati alla periferia sud di Nazareth. Sorte toccata poco dopo anche a Zakaria Zubeidi, 46 anni e Mohammed al Ardah, 39 anni, nelle vicinanze nel villaggio palestinese di Shibli Umm al Ghanam. Tutti e quattro sono detenuti e interrogati a Jalama. Restano in libertà Ayham Kamanji, 35 anni, e Munadel Infaat, 26 anni.

Anche Mahmoud Al Ardah ha potuto incontrare il suo avvocato al quale ha detto di essere stato individuato per caso da una pattuglia della polizia, smentendo così che a denunciarlo sia stata una famiglia araba come invece hanno riferito le autorità e le stazioni televisive israeliane. Al Ardah ha raccontato particolari sull’evasione da Gilboa. Ha detto di essere stato il principale responsabile della pianificazione della fuga e che lo scavo del tunnel dalla sua cella all’esterno della prigione era iniziato nel dicembre 2020. Dopo la fuga lui ed i suoi compagni hanno avuto modo di seguire lo sviluppo degli eventi grazie a una piccola radio. A piedi hanno raggiunto il villaggio di Naoura. Lì sono entrati in una moschea, poi il gruppo si è diviso in tre coppie. Al Ardah ha sottolineato di aver cercato con i suoi compagni di infiltrarsi in Cisgiordania ma sono stati bloccati dal gran numero di posti di blocco allestiti dalla polizia israeliana.

È vivo ma dolorante per le percosse subite dopo l’arresto Zakaria Zubeidi, l’ex capo dell’ala militare di Fatah a Jenin (gli altri evasi sono tutti militanti del Jihad islami). Lo ha riferito in un comunicato il suo avvocato, l’israeliano Avigdor Feldman. «Zubeidi è stato picchiato durante il suo arresto con Mohammed al Ardah, il pestaggio gli ha rotto una mascella e due costole». Quindi, «è stato trasferito in un ospedale israeliano e gli sono stati somministrati antidolorifici dopo l’arresto…ha lividi e graffi su tutto il corpo». Due giorni fa si era diffusa la notizia della morte di Zubeidi. È l’unità Lahav 443 della polizia a condurre gli interrogatori che potrebbe durare fino a 45 giorni.

Intanto ieri è stato revocato lo sciopero della fame che domani avrebbero dovuto cominciare 1380 dei 4650 prigionieri politici palestinesi (tra cui 200 bambini e 520 «amministrativi», ossia incarcerati senza processo o accuse). La decisione è stata annunciata dopo che le autorità israeliane hanno revocato l’inasprimento delle condizioni di detenzione attuato dopo l’evasione di Zubeidi e dei suoi cinque compagni.