Marco Bascetta e Sandro Mezzadra centrano bene a mio avviso forze e debolezze di Democracy in Europe Movement 2025, l’iniziativa lanciata da Yanis Varoufakis a Berlino il 9 febbraio (http://diem25.org); forze e debolezze che derivano (ahimè) anche dalle regole del sistema mediatico e comunicativo del quale tutti siamo un po’ vittime e un po’ responsabili, che richiedono la star e la location cool, il bagno di folla e il tocco glamour.

A parte questo, dell’iniziativa a me è piaciuta soprattutto l’ambizione di lanciare una mobilitazione trasnazionale per riprendersi l’Europa e la volontà di andare oltre le frontiere della sinistra e della politica, favorendo il mescolamento e non la perniciosa distinzione fra società civile (virtuosa) e politica (viziosa). Altra cosa che mi è piaciuta, è stata l’assenza dei rappresentanti della sinistra nazionalista anti-Euro, che qualche mese fa avevano firmato con lui il “PianoB” per l’Europa, Malenchon, LaFontaine e da noi Fassina.

Ciò detto, pur essendo stata gentilmente invitata e pur avendo proposto qualche modifica al testo (per fortuna non si parla più di abolire la Ue…), ho deciso di non andare a Berlino, anche se resto interessata al prosieguo della discussione che spero avrà una eco maggiore anche in Italia.

Non penso infatti che tutte le colpe dell’euro-crisi stiano nella «burocrazia senza faccia» di Bruxelles, che non è una zona «democracy free». Semplicemente, le maggioranze che hanno vinto le elezioni (alle quali tanta sinistra non partecipa), la loro ideologia tendenzialmente nazionalista e pro-rigore e un funzionamento istituzionale che si inceppa facilmente a causa dell’obbligo dell’unanimità, producono il blocco sistematico di qualsiasi politica positiva da anni. Insomma, modestia a parte, se ci fossimo noi, quelle stesse istituzioni farebbero tutt’altro.

Certo, questa spinta al cambiamento non può venire solo dalla politica, ancora per lo più legata a logiche nazionali. E’ indispensabile creare anche una spinta potente di “popolo”, europea e decentrata insieme, per relegare al passato al quale appartengono i nuovi nazionalismi, che oggi vincono pur senza le elezioni: dobbiamo andare a cercare chi costruisce l’Europa dai campi profughi o dalle nuove industrie verdi, più che chiuderci in stanze più o meno chiuse a elaborare proposte per un’Europa perfetta.

In secondo luogo, pur se DIEM25 ambisce a trovare una terza via tra ri-nazionalizzazione e conformismo europeista, non è chiaro chi decide nell’Europa di DIEM25. Esiste uno spazio per una democrazia sovranazionale autonoma? Varoufakis disprezza il Parlamento europeo e lo considera un orpello inutile nella sua forma attuale. Ma sbaglia. Perché l’apparente marginalità del Parlamento non è frutto di mancanza di potere, ma di mancanza di volontà politica. E fare finta che non esista, non nominarne neppure l’esistenza significa privarsi di uno strumento importante.

E’ importante superare questa ambiguità anche per dare gambe a due idee non nuove e ancora non molto precise nel Manifesto di DIEM25 che, se realizzate, potrebbero davvero cambiare le cose; l’Assemblea costituente e le liste trans-nazionali: a potere europeo, vere elezioni europee, con liste e candidati legati alle scelte politiche e non alla nazionalità, nella quale tutti si debba andare a cercare voti tenendo conto della cultura e dell’interesse dell’altro, senza poter imprecare contro i “tedeschi” o i “polacchi”, ma semmai contro le folli politiche dei loro governi. Insomma, davanti a noi abbiamo un sacco di lavoro, che potrà funzionare solo se ritroveremo voglia di organizzare la polifonia del fronte anti-austerità ma decisamente senza frontiere.