Nel vertice straordinario Ue ha prevalso il realismo politico. La nave europea non è andata a sbattere contro gli scogli. La Grecia ha evitato il default e il Grexit. Ambedue le parti, Atene e creditori internazionali, dopo cinque mesi di un bras de fer duro hanno preso una boccata d’ossigeno, ma a dir la verità rimane l’incertezza e il timore tra i greci, i problemi e tanti interrogativi in seno all’Ue perché il caso greco non è stato risolto e l’accordo non garantisce una soluzione sostenibile.

Innanzitutto la Grecia guidata da Alexis Tsipras non ha «rubato» una promessa ai suoi partner, se non vagamente per la ristrutturazione del suo debito pubblico, che sta giungendo al 180% del Pil, sperando che i governi dell’eurozona si impegnino a mettere in agenda nei prossimi mesi la questione della rinegoziazione, nonostante le pressioni di Atene su questo nodo. Inoltre le misure imposte non aiutano la realizzazione di un piano di investimenti pari a 35 miliardi di euro fino al 2020, secondo il piano ellenico.

Tsipras ha fatto di tutto per ottenere un risultato positivo, coerente con le sue promesse elettorali e il programma del suo partito (il «programma di Salonicco»), per far fronte alla crisi umanitaria e la recessione. Ma prima ancora che il pacchetto delle sue proposte prendesse il laissez-passer definitivo e ufficiale al vertice Ue di domani, le reazioni ad Atene hanno preso la forma di una burrasca. Reazioni e critiche dure per il contenuto dell’accordo sono arrivati dall’opposizione dei conservatori e dei socialisti (Nea Dimokratia, Pasok, Il Potami) che finora accusavano il premier greco perché non arrivava ad un’intesa con i partner europei, visto che «l’economia soffre e il Paese rischia di uscire dall’eurozona» oppure ancora perché «non si può andare contro la volontà di Bruxelles»; ci sono poi reazioni dure anche dentro Syriza, che vanno oltre la sua solita polifonia e che rischiano di danneggiare il corpo della sinistra radicale.

Tsipras ha dichiarato che «criterio (per le nostre proposte) è la giustizia sociale, (visto che) il peso delle misure non colpisce i dipendenti pubblici e privati, nemmeno i pensionati, perché noi difendiamo la famiglia popolare», seguito ieri dal portavoce di governo, Gabriel Sakellaridis, secondo il quale Atene «potrebbe accettare il prolungamento dell’attuale programma con il presupposto che risolva i bisogni finanziari del paese».

Lo staff del premier greco pensa che non si poteva ottenere un’intesa migliore, che «l’accordo è onorevole», mentre chi si oppone parla di «un cattivo accordo».

Costantino Michalos, presidente dell’Ordine dei Liberi Professionisti, ha detto che «le misure proposte provocheranno un’ulteriore recessione e a causa delle maggiori imposte un numero ancora più grande di imprese e di negozi sarà obbligato a chiudere». Sulla stessa lunghezza d’onda tutte le associazioni dei commercianti e della confindustria secondo i quali «non è possibile che le imprese saranno obbligate a versare un altro 12% dei loro introiti allo stato, oltre all’aumento delle tasse nel momento in cui questi capitali potrebbero essere assorbiti in nuovi investimenti».

Per i partiti dell’ opposizione, Nea Dimokratia e Pasok, responsabili di aver provocato la crescita del debito e di aver portato il paese alla rovina, il pacchetto di nuove misure non è altro che «un terzo memorandum».

Contrari alle proposte di Tsipras sono anche molti ministri, parlamentari ed alti dirigenti di Syriza che «non vedono» la redistribuzione dei pesi finanziari, ovvero della tassazione a favore delle classi economicamente più deboli, ma il fatto che il contenuto dell’accordo «è lontano dal programma di Salonicco».

A sentire il vice-presidente del parlamento, Alexis Mitropoulos, ex socialista, «il pacchetto non può essere presentato al parlamento, perché le misure proposte sono estreme e contro la società e quindi difficilmente sarebbero votate dalle varie componenti di Syriza».

Dello stesso parere sembra che sia anche la presidenta del parlamento, Zoi Konstantopoulou, che continua a polemizzare con il governatore della Banca di Grecia, Jannis Stournaras. Il vice ministro della Previdenza sociale Dimitris Stratoulis ha detto senza mezzi termini che «resteremo fedeli alle nostre dichiarazioni programmatiche e il governo non farà un passo indietro rispetto alle linee rosse tracciate», sottolineando che «o l’accordo sarà compatibile con le dichiarazioni politiche fatte dal governo o non ci sarà alcun accordo». Invece, secondo il ministro del Lavoro, Panos Skourletis alla fine «il buon senso prevarrà».

L’approvazione dell’accordo da parte del parlamento ellenico sarebbe un «fatto interno» se non fosse il presupposto per la liberazione dei capitali necessari per il rimborso di 1,6 miliardi di euro al Fmi entro fine mese e di altri 6,7 miliardi alla Bce tra luglio e agosto. Il tempo stringe e la domanda che si pone è con quali voti Tsipras riuscirà a far passare la sua proposta.

Il partner di governo e leader dei «Greci indipendenti» (Anel), Panos Kammenos, ministro della Difesa insiste sulla sua dichiarazione di togliere la fiducia dal governo nel caso che l’accordo prevede l’abolizione delle aliquote Iva scontate sulle isole greche, uno dei punti salienti nel negoziato con i creditori.