A che punto è la costruzione del “piano Juncker” che la nuova Commissione aveva venduto ai cittadini come l’alfa e l’omega del “rilancio” economico? A un punto morto. Almeno a quanto risulta dal braccio di ferro ingaggiato tra Commissione e Parlamento europeo. Juncker aveva promesso un piano di 315 miliardi (per 28 paesi) in 3 anni, già giudicato “insufficiente” da vari economisti, tra cui Jeremy Rifkin. Per il momento, mentre il “piano” è in discussione in commissione al Parlamento europeo, Bruxelles ha trovato soltanto 2 miliardi di fondi pubblici, pescati nel budget europeo. La Ue aveva previsto di finanziare con 8 miliardi di euro il “piano”, poi, per il meccanismo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, questi 8 miliardi sarebbero raddoppiati a 16 (una “garanzia” dovuta alla “qualità” dell’origine dei primi 8) e, addizionando i 5 miliardi promessi dalla Bei, si sarebbe arrivati a 21 miliardi (5+16). Il denaro, già in parte virtuale (8 miliardi di fantasia), sarebbe poi gonfiato a 315 miliardi, per l’effetto “moltiplicatore” a forza 15, in cui crede fermamente Juncker.

Dunque, per il momento ci sono 2 miliardi, che non sono “nuovi” ma trovati raschiando il fondo del barile del budget europeo. Altri fondi potrebbero essere trovati tirando la coperta troppo corta di altri piani di finanziamento già in corso: in particolare dal Meccanismo per l’interconnessione in Europa (una sottrazione di 3,3 miliardi su un budget di 23 miliardi in 5 anni) e dal programma europeo di sostegno alla ricerca Horizon 2020, che sarebbe decurtato di 2,7 miliardi (3,3+2,7+2=8). Levata di scudi da parte del Parlamento europeo in questi giorni. Gli eurodeputati non vogliono sentir parlare di tagli a programmi già esistenti: per la ricerca, soprattutto, ma anche per l’interconnessione (qui per esempio, la Francia non ha messo l’Alta velocità Lione-Torino nei progetti del piano Juncker, perché ritiene che il finanziamento dipenda in parte dal Meccanismo per l’interconnessione, mentre l’Italia ha inserito questo progetto nelle proposte fatte a Bruxelles). Di fronte a questa reazione dell’Europarlamento, la Commissione sta reagendo malissimo: se non volete i tagli al Meccanismo di interconnessione e a Horizon 2020, allora dovremo andare a cercare i soldi altrove. E propone: nel programma Erasmus, in Galileo e in Fiscalis, cioè in programmi che, almeno per i primi due, funzionano bene e restano quasi i soli a fare amare un po’ l’Europa (Erasmus per gli scambi universitari, Galileo per i progetti, tra l’altro, di un Gps europeo). La Commissione rivela cosi’ una verità che Juncker aveva tenuto nascosta: non c’è di fatto nessuna svolta in atto a Bruxelles, i criteri di austerità sono sempre in vigore come ai bei tempi di Barroso, perché ogni “investimento” deve farsi a “bilancio costante” (cioè tirando la coperta troppo corta e scoprendo programmi già in corso per garantire il Fondo europei per gli investimenti strategici, il Feis, che dovrebbe poi moltiplicare per 15 ogni euro investito, dei “projet bond con stereoidi”, secondo la definizione di un funzionario europeo).

“Siamo veramente preoccupati – afferma il deputato verde Philippe Lambers – stiamo pescando dei fondi in capitoli del budget che sono già programmi di investimento”.

Il tempo stringe. Il “piano Juncker” è stato presentato a fine 2014, poco dopo l’entrata in carica della nuova Commissione a novembre. Ad aprile è previsto il voto in commissione al Parlamento europeo delle proposte di finanziamento e a giugno il voto in seduta plenaria. A metà 2015 il Feis dovrebbe diventare operativo. Gli stati hanno presentato complessivamente 2mila progetti, per un totale di 1300 miliardi.