Il dl Semplificazioni slitta, come del resto aveva anticipato il ministro Cingolani. La cabina di regia, riunita ieri mattina a palazzo Chigi con Draghi, nove ministri e il sottosegretario Garofoli, non ne ha proprio parlato. C’è una nuova bozza, i cui contenuti però sono ancora ignoti anche se da quel che trapela dovrebbe almeno ripristinare alcuni dei vincoli sui centri storici cancellati nella prima versione del testo. Ma il traguardo è ancora distante. Il cdm, questa settimana, si limiterà a varare il decreto sulla governance del Pnrr. Tra qualche giorno la cabina si riunirà sul tema spinoso, quello delle semplificazioni, ma senza illudersi di concludere.

SULLA GOVERNANCE le cose sono più semplici. La riunione di ieri, peraltro breve, si è conclusa con un «sostanziale accordo». I ministri convergono e convengono sul fatto che detta governance avrà un nome e un cognome: Mario Draghi. La struttura direttiva reale, appunto la cabina di regia, sarà «a geometrie variabili». Vuol dire che sarà composta di volta in volta dai ministri e se del caso dai sottosegretari direttamente interessati dal provvedimento in discussione ed eventualmente allargata ai presidenti di Regione chiamati in causa.

«Indirizzo, impulso e coordinamento generale» spetteranno alla cabina. I controlli sull’attuazione dei progetti saranno invece competenza del Mef, naturalmente in strettissimo collegamento con Draghi, come pure i rapporti con Bruxelles. Le Camere dovrebbero essere informate periodicamente, a scadenza fissa. La struttura prevede poi altri due livelli: quello sociale, attraverso un tavolo permanente con le parti sociali e gli enti locali, e quello tecnico, affidato a una segreteria le cui competenze precise sono ancora da definire ma che comunque si installerà sempre presso la presidenza del Consiglio. Il decreto che sarà varato giovedì o venerdì fisserà inoltre i criteri per l’assunzione del personale necessario per l’implementazione del Piano.

Naturalmente, oltre ai periodici rapporti, le Camere potranno convocare il governo quando vorranno e altrettanto naturalmente il governo tutto sarà di quando in quando informato sullo stato della situazione. Ma si tratta di postille che nell’essenza significano poco come poco cambieranno i particolari ancora da definire. La gestione sarà tutta in mano al presidente del consiglio e ai suoi più diretti collaboratori. Il Parlamento e lo stesso cdm difficilmente avranno un ruolo che vada oltre la ratifica.

NON STUPISCE CHE una governance così centralizzata sia stata approvata senza scosse in meno di un’ora. Sia pure informalmente, la gestione in capo a Draghi faceva parte delle regole d’ingaggio dall’inizio. Le cose stanno diversamente per quanto riguarda il dl Semplificazioni. Anche in questo caso un certo tasso di deregulation era messo nel conto sin dall’inizio.

La prima bozza però portava il processo alle estreme conseguenze, smantellando completamente il precedente dl Semplificazioni, peraltro ancora inattuato. Il criterio del massimo ribasso e la dergulation dei subappalti sono particolarmente bersagliati dai sindacati, con tanto di minaccia di sciopero generale della Cgil, e praticamente da tutte le associazioni impegnate nella lotta alle mafie.

La maggioranza però è una Babele nella quale ognuno sostiene una proposta diversa, dall’azzeramento totale del Codice degli appalti impugnato dalla Lega alla resurrezione del «Piano shock» di Iv all’applicazione rigida delle regole europee di Fi. Le due forze portanti dell’ala sinistra, Pd e M5S, sono spaccate e LeU chiede di rivedere radicalmente la bozza.

IERI LETTA HA RIUNITO la segreteria e la delegazione al governo e il summit se ne è uscito con una proposta ineffabile: «Velocità nelle procedure ma coniugata con la tutela della legalità, della sicurezza e della qualità del lavoro». In fondo per quadrare un cerchio che ci vuole?

La realtà rivelata dalla non-proposta partorita dal vertice è un Pd diviso tra un’ala, fortissima nelle amministrazioni locali, che punta sull’accelerazione ed è pronta ad accettare se non tutta almeno gran parte della deregolamentazione, e un’ala «legalista» che insiste invece per mantenere i controlli. Stessa situazione tra i 5 Stelle: Di Maio è convinto che per far ripartire il Paese «bisogna semplificare le procedure rispettando il tracciato della legalità» mentre buona parte dei parlamentari fa muro contro il massimo ribasso. Insomma, per essere un dl Semplificazioni, la situazione tanto semplice proprio non è.