Per far sopravvivere Alitalia, il nuovo piano industriale messo a punto dall’amministratore delegato Gabriele Del Torchio prevederebbe risparmi per 250 milioni di euro e una nuova «cura dimagrante» del personale, con incentivi all’uscita, cassa integrazione e il mancato rinnovo di almeno un migliaio di contratti a termine. Il condizionale è d’obbligo, visto che sulla compagnia va avanti da giorni un drammatico balletto di numeri. Alla vigilia del cda spostato a domani, l’unica certezza è l’odierna convocazione dei segretari di Cgil, Cisl, Uil e Ugl al ministero dei trasporti. Nel faccia a faccia fra Maurizio Lupi e i sindacati, saranno con tutta probabilità messi nero su bianco sia il business plan che i nuovi scenari societari. Da Parigi rimbalza infatti la notizia che Air France-Klm, a oggi principale azionista di Alitalia con il 25%, non intende sottoscrivere la sua quota nell’aumento di capitale da 300 milioni, deciso il mese scorso per evitare il collasso della compagnia.

Dato che più volte il gruppo franco-olandese ha ribadito come sia necessario un piano lacrime e sangue per dare l’ok all’aumento di capitale, la sua uscita di scena potrebbe essere letta come un tentativo del governo italiano, neo socio di Alitalia tramite le Poste, di ridurre al minimo gli effetti sociali della ristrutturazione. Per certo Federico Ghizzoni, ad di Unicredit già intervenuta a garanzia dell’aumento di capitale, ieri sera si è detto convinto che l’obiettivo sarà raggiunto. «Se Air France rimane, bene – ha spiegato – altrimenti Alitalia e il governo saranno liberi di guardare altre soluzioni. Alitalia non è un’azienda che in prospettiva ha poco valore. Credo possa essere un partner interessante per tanti altri vettori nel settore». Fra i quali potrebbero esserci, secondo una delle tante indiscrezioni che stanno circolando in questi giorni, anche la russa Aeroflot oppure Air China.

Per certo, di fronte alle ipotesi su possibili tagli di personale e sforbiciate del 20% agli stipendi, sul fronte sindacale c’è massima allerta. Le federazioni di categoria dei trasporti hanno messo in chiaro di essere indisponibili a discutere di nuovi esuberi fra i 15 mila attuali addetti di Alitalia, dopo aver subito 5 anni fa l’uscita dall’azienda di altre migliaia di lavoratori. Sull’argomento ieri è intervenuto il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato, che ha osservato: «Stiamo aspettando le decisioni della compagnia, noi abbiamo fatto un grande investimento su un’azienda importantissima per l’Italia. Adesso la compagnia deve dirci che intenzioni ha e chiudere con un piano industriale convincente. Se ci fossero esuberi, li giudicherei un grosso problema che bisogna risolvere».

Sul piano industriale dell’ad Del Torchio, le anticipazioni rilevano che dovrebbe consentire ad Alitalia di riorganizzarsi evitando di bruciare la liquidità che arriverà con la ricapitalizzazione. Una delle ipotesi è che il nuovo piano preveda la messa a terra di 10 aerei di medio raggio, con la conseguente cig per un migliaio di lavoratori. In ponte ci sarebbe anche una riconfigurazione delle rotte, puntando su quelle intercontinentali e internazionali. Invece sul fronte della ricapitalizzazione di 300 milioni, al momento i numeri dicono che le adesioni sono per 71 milioni (Intesa San Paolo 26 milioni, Atlantia 26 milioni, Immsi 13 milioni e Maccagnani 6 milioni), cui vanno aggiunti altri 100 milioni versati da Intesa San Paolo e Unicredit. La soglia minima da raggiungere per considerare valido l’aumento è di 240 milioni, e Poste dovrebbe sottoscrivere 75 milioni di inoptato.