Passa l’austerity, mentre Majdan si sfascia
Ucraina Il governo approva il piano "lacrime e sangue" mentre i neonazisti assaltano il Parlamento
Ucraina Il governo approva il piano "lacrime e sangue" mentre i neonazisti assaltano il Parlamento
Mentre i media di tutto il mondo, su imbeccata del Wall Street Journal, denunciano la presenza di 50mila militari russi ai confini con l’Ucraina orientale (ieri secondo i soldati ucraini sarebbero stati 100mila, ma Mosca ha negato tutto), la partita determinante nel paese pare essere tornata a disputarsi a Kiev.
È l’antico gioco dei media che soddisfano i propri referenti politici, in questo caso gli Usa: porre l’attenzione sul rischio di escalation militare russa, specie dopo le parole dell’Obama europeo, facendo finta di niente circa il conflitto interno a Majdan, in corso a Kiev. Il rischio sarebbe quello di dover ammettere almeno due cose: che i gruppi neonazisti hanno determinato il successo del colpo di Stato ai danni di Yanukovich e che i referenti politici di Majdan, ovvero il neo esecutivo, sta svolgendo a pieno i dettami di Fmi e Stati uniti, avendo approvato ieri il pacchetto di riforme che metterà in ginocchio larghe fasce di popolazione.
Da giovedì notte infatti, un migliaio di persone in tenuta paramilitare, armati di spranghe e pronti a surriscaldare la tensione, come emerge dalle immagini trasmesse da alcune televisioni locali, presidiano il Parlamento di Kiev. Sono i militanti di «Settore Destro», gruppo neonazista che nei giorni che hanno visto le proteste a Kiev, hanno raccolto molte delle sigle di estrema destra del paese. Hanno combattuto armati in piazza, hanno tenuto militarmente alcune strade fondamentali per l’esito dello scontro, hanno determinato la vittoria contro i Berkut, la polizia antisommossa dell’ex presidente Yanukovich. Hanno dato una spinta determinante a Yatseniuk e compagnia, ovvero i «moderati» che una volta ottenuta la vittoria militare, si sono autoproclamati governo del paese. Quelli di Settore Destro hanno gestito anche il livello mediatico dello scontro, hanno dettato alcune condizioni politiche e ora si sentono traditi. Per due motivi: in primo luogo perché uno dei loro uomini alcuni giorni fa è stato ucciso.
Uno scontro a fuoco, mentre fuggiva all’arresto, ha detto il ministro dell’interno ucraino. Un’imboscata, un omicidio, una resa dei conti, secondo i nazisti di Settore Destro. Si tratta in ogni caso di un incidente che ha solo velocizzato la fine dell’alleanza nata nei giorni della rivolta. I neonazi infatti contestano la perdita della Crimea all’attuale governo e abbaiano alla «rivoluzione tradita». Sicuramente anti russa, ma non filo europea (alla faccia dell’europeismo di Majdan esaltato dai media nostrani), la destra estrema ucraina sta leggendo gli atti del nuovo governo come un tradimento: loro hanno messo armi e uomini e ora si ritrovano sotto al giogo della Ue e delle politiche «lacrime e sangue» del Fmi.
Così presidiano il Parlamento per chiedere le dimissioni del ministro dell’interno e per fare capire che possono ancora essere determinanti. Majdan oggi, dunque, è divisa: gli uomini del Fondo monetario in parlamento, il loro braccio armato in piazza. E il rischio è che ci rimanga, con i metodi che i ministri e il premier conoscono bene. Un parlamentare indipendente ha chiesto una esplicita procedura di dimissioni per il ministro dell’interno che al momento non sembra poter passare, anzi. Il presidente della Rada ha specificato che i «gruppi armati, sono illegali». Anche perché i diktat dei nuovi padroni del paese, i tecnici e teorici neoliberisti del Fondo monetario, hanno chiesto immediatezza di azione.
E ieri il governo ha obbedito: con 246 voti a favore è passato il piano anti crisi per evitare la catastrofe finanziaria, assicurandosi il maxi prestito del Fondo monetario internazionale (dai 14 ai 18 miliardi di dollari). Il pacchetto messo a punto dall’esecutivo prevede, tra l’altro, l’aumento delle tasse, delle accise, delle bollette del gas (pare fino all’80 percento in quattro anni), il congelamento del salario minimo e del livello minimo di sussistenza, la riduzione del 10 percento dei dipendenti pubblici in servizio: è l’austerity made in Majdan.
Ieri è tornato a parlare anche un lontano ricordo dei giorni di febbraio, ovvero l’ex presidente Yanukovich, che ha lanciato la possibilità che anche altre regioni possano seguire il destino della Crimea. L’ex capo del paese ha anche chiesto di essere radiato dal suo partito. Questa mossa smuove il «Partito delle regioni», la cui possibilità o meno di partecipare alle prossime elezioni potrebbe risultare fondamentale. Più che capire i candidati alle presidenziali, infatti, sembrerebbe più interessante immaginare chi andrà a votare. Le regioni orientali, ad esempio, che non si riconoscono in gran parte nel governo di Kiev, come si comporteranno? Per ora il «Partito delle regioni» ha annunciato una riorganizzazione e oggi si riunisce per decidere che fare il 25 maggio. L’ex presidente della Banca centrale Tighipko, già vice premier nello scorso governo, si è candidato: alla guida del partito e – potenzialmente – del paese.
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