Le dodici schede del «Piano Colao» che trattano di istruzione, università e ricerca (dalla 75esima all’87esima, su 102) sono importanti perché traducono la cultura manageriale ferma agli anni Novanta degli «esperti» della «task force» nominata dal governo. Invece di rimettere in discussione il decennale sistema della valutazione che ha aggravato le diseguaglianze e le sperequazioni territoriali tra gli atenei e le scuole, il piano perfeziona sia la «riforma» Gelmini che la «Buona scuola» di Renzi. Nel pieno del movimento «Priorità alla scuola» che chiede la riapertura e un ripensamento della scuola entro settembre si torna invece a parlare la lingua definita da Paulo Freire «pedagogia bancaria» dei crediti e dei debiti, quella delle teorie del “capitale umano” al posto dei saperi e delle conoscenze critiche e contestuali. È un tuffo nel passato della scuola delle «tre I» di berlusconiana memoria: «internet, inglese, impresa». Nelle schede si parla di programmi come «Impara dai migliori» o «gara dei talenti» dove i premi sono erogati «cash-in-kind», in denaro e in natura. Una, in particolare, è intitolata «upskilling», la formazione aziendale delle «competenze» per fare un salto nella carriera. Il «settore privato», probabilmente le società di consulenza che trattano questi argomenti, dovrebbero supportare «insegnanti e ricercatori” tramite una “campagna di volontariato».

Valentina Aprea, già sottosegretaria all’Istruzione dei governi Berlusconi 2001-2006 ha espresso ieri la sua soddisfazione: «Sull’Istruzione Colao ha rilanciato le nostre proposte» ha detto. Aprea ha citato la previsione di investimenti negli Its «per la formazione di tecnici 4.0», un discorso impostato 15 anni fa, come li “poli di eccellenza” tra gli atenei o il «diritto alle competenze», ideologemi ricorrenti anche nelle «riforme» neoliberali negli ultimi trent’anni, nell’istruzione come per il«mercato del lavoro».

«Non vedo la diminuzione dell’orario di lavoro, l’estensione dei diritti dei lavoratori un nuovo welfare universale a partire dal reddito incondizionato. Il governo lasci questo piano nel cassetto – ha detto Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) – Per la scuola servono almeno 15 miliardi di euro che possono essere individuati nel Recovery Fund». Sinistra Italiana lancerà una mobilitazione in cui chiederà la stabilizzazione e l’assunzione di 100 mila tra docenti e personale Ata. Le tesi della task force diretta da Colao, già a capo del gruppo Vodafone «sono ricette liberiste che erano già vecchie trent’anni fa – ha detto il sottosegretario all’Istruzione Peppe De Cristofaro (Sinistra Italiana) – Sulla scuola le proposte sono rivolte alla sola occupabilità, quasi nulla su inclusione e assolutamente non pervenuta la lotta alla dispersione e alla povertà educativa».

L’impianto ideologico del piano ha spaccato la maggioranza. I renziani di Italia Viva si sentono rappresentati perché «sono le stesse proposte per le infrastrutture contenute nel nostro Piano Shock» ha detto Raffaella Paita). Il ministro per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà (Cinque Stelle) ha visto nel pianoColao «“tanta voglia di portare meritocrazia in Italia». Dall’altra parte Loredana De Petris (LeU) sostiene che «“il piano va respinto, non servono condoni e svendita del patrimonio». «Il conservatorismo su questioni prioritarie è insostenibile» ha aggiunto Stefano Fassina (Leu) che ha citato, tra l’altro, la rimozione del risultato del referendum del 2011 per la gestione pubblica dell’acqua; l’insistenza sull’housing sociale, invece che su un piano pluriennale di edilizia residenziale pubblica. Il capogruppo del Partito Democratico alla Camera Graziano Delrio non è convinto del tutto, ha rivendicato i nove miliardi per l’edilizia scolastica stanziati dal governo Renzi di cui ha fatto parte, ma ha sorvolato sulle difficoltà di usarli.

Più che il destino del piano, è interessante lo scontro tra culture politiche. Questi argomenti indicano l’orientamento sul «decreto semplificazioni» al quale Conte sta lavorando. Nel contrasto si è infilata la Lega. Il piano sarebbe un «collage» dei suoi emendamenti al decreto Cura Italia come l’abrogazione del codice degli appalti. «Speriamo che Conte, se non ascolta me almeno ascolti loro» ha detto Matteo Salvini. Il «Piano Colao» non è stato firmato da Marianna Mazzuccato, teorica dello Stato «innovatore». L’assenza potrebbe essere dovuta al ruolo residuale riconosciuto al pubblico dal piano. In un’audizione ieri alla Camera Mazzuccato ha detto di essere impegnata in un’altra «squadra con dei giovani» e si è detta «onorata di lavorare vicino al primo ministro».