L’uso e il consumo di bambole gonfiabili e vibratori è ormai ampiamente sdoganato e non scandalizza più quasi nessuno. I «giocattoli sessuali» sono ammessi ovunque, tranne pochissimi stati retrogradi come Arabia Saudita o Alabama. Trarre piacere sessuale da un dildo o una bambola non danneggia nessuno, d’altronde. Il progresso tecnologico però potrebbe riportare in auge il dibattito: e se il giocattolo sessuale fosse un «robot»? Intorno al quesito ruota il saggio Sex Robot: l’amore al tempo delle macchine (Fandango, pp. 282, euro 18) di Maurizio Balistreri, ricercatore all’università di Torino.

In teoria, tra una bambola e un robot non c’è una gran differenza. Ma non è lontano il giorno in cui i robot saranno in grado di offrire esperienze assai più coinvolgenti. L’intelligenza artificiale permette a un robot di imparare dall’esperienza e adattarsi a nuovi contesti, con una plasticità di cui finora ci ritenevamo depositari unici. Se nel mondo produttivo, l’ipotesi di una larga diffusione dei robot genera speranze di liberazione dal lavoro e incubi per la disoccupazione di massa, nella sfera del piacere le soddisfazioni che potrebbero trarsi da un robot sono ancora tutte da esplorare.

Certo, fare sesso con un robot può sembrare fantascientifico, ripugnante o entrambe le cose insieme. Eppure, secondo una ricerca risalente al 2017, circa il 40% di un campione di maschi eterosessuali immagina di poter comprare un sex robot nei prossimi cinque anni. La stessa percentuale, in una ricerca di quattro anni prima, era solo del 9%. Dunque, l’ipotesi è piuttosto realistica e richiede qualche interrogativo di ordine bioetico.

Per esempio, un sex robot potrebbe permettere al consumatore di soddisfare attraverso un’esperienza realistica impulsi che, se inflitti a un umano, sono condannabili. Cosa pensare, per esempio, di chi voglia utilizzare un robot per simulare con sempre maggior realismo una violenza sessuale, o addirittura l’abuso su un bambino? L’impulso a vietare simili pratiche, persino su un robot, è quasi automatico. Non a caso, in moltissimi paesi le bambole gonfiabili che riproducano i tratti infantili sono fuori legge alla stregua delle immagini pedopornografiche. Ma Balistreri mette in guardia da conclusioni troppo facili. Secondo alcune ricerche, ad esempio, questo uso dei robot sessuali può prevenire che simili azioni si compiano a danni di persone in carne ed ossa, invece che di un robot. E allora lo stupro di un sex robot deve davvero essere proibito, o piuttosto andrebbe facilitato nell’interesse di tutte le vittime di abusi?

Si può obiettare che per mantenere la condanna sociale intorno agli abusi sessuali, occorre vietarne persino la simulazione. Simili argomenti sono utilizzati contro videogame troppo realistici, o anche contro l’uso di droghe. Secondo Balistreri, queste paure non tengono conto della nostra capacità di distinguere realtà e fantasia, come se giocare a guardie e ladri predisponesse a violare la legge o farsi giustizia da sé.

Il tema del sesso (e anche dell’amore) con i robot non è dunque un mero esercizio intellettuale. Riguarda aspetti della diffusione delle macchine che sono normalmente trascurati dal dibattito pubblico, preoccupato per quel che avviene in fabbrica piuttosto che a letto. Magari ai robot non daremo mai nemmeno un bacio sulla guancia di acciaio. Ma nel chiedersi cosa ci aspettiamo da loro sotto le lenzuola, esploriamo norme e tabù che riguardano soprattutto noi.

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Insieme a Caterina Botti e Mario De Caro, l’autore presenterà il volume stasera a Roma alla Libreria Tomo di via degli Etruschi 4 alle 19.30.