«In 30 anni non ho mai avuto una sanzione disciplinare, come pensate si possa stare?». Dal suo punto di vista, la mancanza di provvedimenti disciplinari e magari anche la menzione speciale “guadagnata” nel 2018, sono la prova provata di «onorata carriera». Ma il maresciallo dei carabinieri Marco Orlando, che fino all’altro giorno era a capo della caserma di Piacenza Levante e che ribatte così ai giornalisti che lo interpellano mentre lascia il tribunale dopo l’interrogatorio di garanzia, dimentica che la vicenda che lo vede indagato insieme ad altri nove militari ha incrinato il senso comune di onore dell’Arma e la credibilità di quell’istituzione.

Il maresciallo, che è ai domiciliari, è accusato di falso in concorso, arresto illegale, perquisizione arbitraria e abuso d’ufficio. E su di lui grava la testimonianza di una donna trans brasiliana, raccolta tre giorni fa dal quotidiano locale Libertà, che ha chiesto ai pm di essere ascoltata per denunciare il ricatto che, sostiene, subì dal comandante della caserma di via Caccialupo che l’avrebbe minacciata di rimandarla in Brasile se non avesse soddisfatto le sue pretese. Il maresciallo Orlando ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande del gip Luca Milano.

Non ha risposto neppure la compagna dell’appuntato Giuseppe Montella, colui che secondo la procura era a capo del sistema criminale e che invece ha iniziato ad ammettere le responsabilità più evidenti. La donna avrebbe collaborato al traffico di stupefacenti e per questo è in arresto ai domiciliari ma «ha negato qualsiasi addebito relativo allo spaccio di droga», come ha riportato il suo legale Daniele Pezza. Il suo compagno, Montella, è invece difeso da Emanuele Solari, leader piacentino di Forza nuova.

Ieri intanto la procuratrice capo di Piacenza Grazia Pradella ha condotto un sopralluogo nella caserma Levante, dove prestavano servizio i carabinieri arrestati e che resterà sotto sequestro almeno per altri dieci giorni. La pm Pradella aveva previsto il dissequestro per mercoledì ma Pierpaolo Rivello, avvocato di uno degli indagati, ha richiesto l’incidente probatorio al posto dell’accertamento tecnico urgente che la procura avrebbe voluto per verificare la presenza di tracce ematiche e di dna che confermerebbero le violenze perpetrate all’interno della stazione di via Caccialupo.