Mentre il gip eseguiva ieri gli ultimi interrogatori di garanzia (tra cui quello del maggiore Stefano Bezzeccheri, ex comandante della Compagnia di Piacenza), sul sito di Dagospia è apparsa la testimonianza della donna trans che ha rivelato i particolari di alcuni supposti festini a base di droga e «sesso animale» che sarebbero stati organizzati da certi carabinieri della caserma Levante (e non solo, secondo la trans). Ma ieri soprattutto sono trapelati i particolari della denuncia di una delle vittime dei carabinieri della Levante, già identificata dagli inquirenti.

L’uomo, uno dei 4 che secondo la procura piacentina sarebbero stati arrestati illegalmente dai carabinieri ora in carcere, ha raccontato che il 3 aprile scorso è stato prelevato mentre era al lavoro da Montella, Falanga e Cappellano, e accompagnato a casa dove vive con i genitori. «Senza un mandato di perquisizione, hanno spaccato tutto alla ricerca della droga», ha spiegato l’uomo che racconta di essere stato picchiato e sua madre «strattonata». Il padre, cardiopatico, si è sentito male quella sera, per via della violenza dei carabinieri, che pure erano stati avvisati. In casa hanno trovato un chilo e mezzo di marijuana.

Secondo gli inquirenti, Montella se ne prese 362 grammi per sé, pesandoli addirittura in una farmacia «per essere più preciso», e consegnandoli successivamente a due spacciatori di sua fiducia con l’incarico di rivenderla. L’arresto, eseguito in modo illegale e grazie ad un informatore, per gli inquirenti «conferma il modus operandi» dei carabinieri della Levante con la «finalità principale» di «avvantaggiare il sodalizio criminale» di cui Montella faceva parte e di «eliminare la concorrenza di uno spacciatore».

Ieri, tra l’altro, l’avvocato di Montella, Emanuele Solari, in passato candidato sindaco per Forza nuova, ha minacciato di querela i giornalisti che accostassero all’inchiesta di Piacenza la foto pubblicata sul suo profilo Facebook in cui è ritratto con il basco in testa, la camicia nera, un fucile e un manganello. «Goliardica», l’ha definita.

Intanto, possono contare su due stazioni mobili al posto della caserma Levante, i nuovi ufficiali dell’Arma giunti a Piacenza in questi giorni per sostituire i colleghi indagati nell’inchiesta «Odysseus». La stazione di via Caccialupo infatti non sarà dissequestrata a breve, perché attorno a quel luogo si giocano anche le strategie difensive di alcuni degli avvocati dei dieci carabinieri finiti nell’inchiesta. Ieri ci sono stati gli ultimi interrogatori di garanzia davanti al gip e ai pm, tra i quali quello del maggiore Stefano Bezzeccheri, ex comandante della Compagnia di Piacenza ora indagato per abuso d’ufficio e sottoposto all’obbligo di dimora.

«Ha risposto a tutte le domande e si è messo a disposizione dell’autorità giudiziaria per fare chiarezza sui fatti gravissimi accaduti – riferisce una nota dei suoi difensori, Wally Salvagnini e Cosimo Pricolo -. Non ha chiesto la revoca della misura a lui applicata perché confida nella giustizia, auspicando che nel prosieguo delle indagini emerga la verità rispetto a quanto gli viene contestato». Stessa disponibilità anche dal brigadiere Angelo Francesco Minniti, sottoposto all’obbligo di firma, difeso dall’avvocata Romina Cattivelli.

Ieri è stato anche il giorno in cui  Salvini ha provato una strategia di distrazione puntando  il dito contro il comandante Michele Piras, attuale membro della segreteria della ministra dei trasporti De Micheli, che secondo il leader leghista dovrebbe saperne qualcosa di questa storia, visto che «fino all’autunno 2019 è stato comandante provinciale dei carabinieri di Piacenza».