“Fumo blu, fumo blu” zampillava dagli altoparlanti delle radio la hit estiva di Mina. Era il 1966, e nell’Italia del miracolo economico si fumava ovunque. Al cinema, nei luoghi di lavoro e persino nelle corsie d’ospedale.

Cinquantaquattro anni dopo, il paese ha attraversato un’estate di profonda crisi economica e sociale, mentre l’epidemia di Covid19 dilaga in tutto il mondo.

Ma se la salute polmonare dei cittadini è oggi minata dal nuovo invisibile virus, il fumo continua ad essere una delle principali cause di tumore ai polmoni, e di altre patologie respiratorie fatali.

[do action=”citazione”]Viene stimato dal Ministero della Salute (dati del 2019) che circa 93mila decessi l’anno in Italia hanno il fumo di sigaretta come causa diretta.[/do]

Oltre alle tradizionali sigarette a combustione oggi si trovano sul mercato nuovi prodotti a base di nicotina. I più in voga sono le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato (definiti con l’acronimo HTP, Heated Tobacco Products, ovvero con quello HNB, Heated Not Burned).

Ed è proprio il tabacco riscaldato ad essere oggetto di un dibattito parlamentare che sta riscuotendo poca, se non alcuna, attenzione mediatica. In particolare, vari deputati e senatori, trasversalmente agli schieramenti politici, chiedono che venga applicata a questi prodotti una tassazione più severa.

In Italia questi articoli per fumatori sono stati lanciati nel 2014 dalla Philip Morris International (Pmi) con la diffusione della linea Iqos (acronimo di I quit ordinary smoking – Ho smesso di fumare le sigarette tradizionali).

Attualmente Philp Morris con Iqos domina oltre il 90% del mercato del tabacco riscaldato, qualificandosi di fatto come monopolista del settore.

 

Calantzopoulos philip morris iqos
L’amministratore delegato di Philip Morris Int. Andre Calantzopoulos presenta iqos in Giappone nel 2018, foto AP /LaPresse

 

Per fumare Iqos servono tre cose: il dispositivo, il suo caricatore e delle sigarette apposite di dimensioni ridotte. La sigaretta viene inserita nello stick elettronico che tramite un software regola la temperatura fino a raggiungere i 350 °C, questo calore produce un fumo che viene aspirato e sprigiona nicotina, evitando tuttavia la combustione del tabacco.

Entrati nel mercato nel 2014, durante il governo Renzi, i prodotti Iqos pagavano inizialmente un’accisa pari al 50% di quella in vigore sulle sigarette a combustione.

[do action=”citazione”]Nel 2019, la maggioranza Lega-M5S ha ridotto ancora l’imposta, portandola al 25%. Attualmente gli HTP in Italia sono quindi tassati un quarto rispetto ai tabacchi a combustione.[/do]

E come prevedibile in molti si domandano il perché di questo trattamento di favore.

Risposte chiare ancora non ce ne sono.

Seguendo il ragionamento della Pmi, maggiore azienda produttrice in Italia (e nel mondo insieme alla British American Tobacco), questi prodotti sarebbero meno dannosi per la salute in quanto evitano l’esposizione dell’organismo agli agenti nocivi della combustione.

Ma le opinioni scientifiche sul tema sono tutt’altro che unanimi.

Negli Stati Uniti, la vendita di questi prodotti è stata autorizzata solo di recente dalla Fda (Food and Drugs Administration), a cui la Philip Morris aveva avanzato la richiesta di poter vendere la sua linea di tabacco riscaldato con la dicitura “a rischio ridotto”. Il responso dell’ente americano è arrivato lo scorso 7 luglio, dando origine a interpretazioni alquanto divergenti.

Philip Morris, infatti, ha accolto la nota come una vittoria; gli scettici l’hanno letta come l’ennesima controprova della pericolosità di questi prodotti.

A ben vedere, il significato della disposizione della Fda è abbastanza chiaro, ma è reso ambivalente da alcune sfumature linguistiche. La Pmi, infatti, ha avanzato parallelamente due diverse richieste all’autorità sanitaria americana: quella di poter marcare i prodotti Iqos come “a rischio ridotto”; e quella di poter scrivere sui pacchetti “a esposizione ridotta”.

La Fda, nella sua decisione, specifica che non ci sono sufficienti evidenze scientifiche per autorizzare il claim di un “rischio ridotto”, mentre concede alla multinazionale di usare sui suoi prodotti la definizione “a esposizione ridotta”, in quanto l’assenza di combustione riduce la possibilità di venire a contatto con alcuni degli agenti patogeni delle sigarette tradizionali.

 

foto Ap /LaPresse

 

Sull’interpretazione della decisione dell’Fda, si è pronunciata anche l’Oms, che il 27 luglio scorso ha dichiarato energica che “la riduzione dell’esposizione a sostanze chimiche nocive non rende questi prodotti innocui, né si traduce in una riduzione del rischio per la salute umana”. E ha aggiunto: “Ci sono alcune tossine aggiuntive presenti negli aerosol Htp che non sono presenti nel fumo di sigaretta convenzionale. Le implicazioni per la salute dell’esposizione a questi non sono note” gettando così luce su uno degli aspetti più controversi di tutta la questione: la carenza di studi scientifici indipendenti e longitudinali sui quali basare delle solide valutazioni sulla pericolosità.

Diverse ricerche indipendenti, come quella del RIVM olandese, indicano che una riduzione dei danni per la salute è in effetti possibile con i prodotti di tabacco che eliminano la combustione.

Altre voci autorevoli tuttavia, come quella di una ricerca dell’Università di Brema che prende in oggetto proprio i prodotti Iqos, segnalano che queste modalità di assunzione del tabacco producono altri tipi di sostanze nocive dannose per l’organismo, come l’acenaftene.

In questo quadro, nel panorama politico italiano molte sono le pressioni affinché la tassazione sui prodotti a tabacco riscaldato subisca un incremento.

“Mi sono fatta portatrice, insieme ad altri colleghi di Camera e Senato, di diverse interrogazioni parlamentari e di proposte di emendamento, l’ultima al dl Rilancio, per chiedere che l’accisa sul tabacco riscaldato venga alzata” afferma la senatrice Udc Paola Binetti a il manifesto. “Abbiamo proposto che le entrate derivanti da questo incremento siano destinate a potenziare l’assistenza sanitaria domiciliare per le persone più fragili. In questo momento di crisi economica e sanitaria concedere un trattamento fiscale così vantaggioso a una multinazionale che produce sostanze dannose è del tutto inaccettabile”.

La proposta ha origine fuori dalle aule parlamentari, ed è stata inizialmente elaborata grazie all’impegno dell’associazione Cittadinanza Attiva, insieme a oltre 70 fra organizzazioni civiche, associazioni di pazienti, federazioni e ordini professionali, società scientifiche e rappresentanti del mondo delle imprese.

In parlamento l’emendamento è stato appoggiato da parlamentari appartenenti a diverse aree politiche. Tra i sostenitori Lorenzo Fioramonti ex Ministro dell’Istruzione, Gianluca Castaldi (M5S), Andrea Cecconi (Maie), Giorgio Silli (Misto), Rossella Muroni (Leu), Ubaldo Pagano (Pd).

Stefano Fassina (Leu), in un’intervista all’agenzia Dire, dichiara: “L’emendamento proposto rafforza un intervento già contenuto nel Decreto Rilancio da parte del governo intervenendo su un consumo che sempre più ricerche, documentazione ed evidenze dimostrano essere nocivo per salute”.

L’opportunità di tassare questi prodotti viene sostenuta, dati alla mano, anche da uno studio del Centro Arcelli per gli Studi Monetari e Finanziari (CASMEF) dell’Università Luiss Guido Carli.

La ricerca mostra come un potenziale incremento dell’accisa può generare un incasso notevole per lo stato, si parla di circa 1,2 miliardi di euro in un triennio, senza per altro inficiare in maniera sostanziale i margini di guadagno delle aziende produttrici, che rimarrebbero comunque più alti di quelli sulle sigarette a combustione.

Lo stesso Istituto Superiore di Sanità, come raccontato dalla video inchiesta di Report, avrebbe redatto un dossier che ammonisce sui pericoli del tabacco riscaldato, documento che però non ha mai visto la luce.

Il fronte governativo, chiamato in causa, per ora rimane immobile, anche se in risposta a una delle interrogazioni parlamentari, la Sottosegretaria del ministero della Salute, Sandra Zampa, non ha esitato a prendere una posizione netta.

“Dagli studi di preclinica l’ISS evince che l’esposizione a fumo da sigaretta tradizionale e ad aerosol da THS2.2 comporta l’induzione di effetti tossici di varia natura e anche se in molti casi l’entità dell’effetto è maggiore per la sigaretta tradizionale, questa conclusione non è generalizzabile.» ha dichiarato la Sottosegretaria.

“Sarebbe auspicabile” ha aggiunto “poter disporre di studi indipendenti, pur tenendo conto che non è possibile ad oggi avere informazioni circa gli effetti di un uso prolungato a lungo termine di tali prodotti, data la relativamente recente introduzione degli stessi sul mercato”.

 

La sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, foto LaPresse

 

Queste dichiarazioni vanno esattamente nella direzione opposta alla linea comunicativa scelta per la vendita degli Htp, e in particolare di Iqos.

La posizione ufficiale della multinazionale, l’acronimo scelto (IQOS – I Quit Ordinary Smoking) e tutta la strategia di marketing che ruota intorno a questo prodotto, puntano a presentarlo come un’alternativa salubre alle sigarette, in un’ottica di riduzione del danno.

Philip Morris ha assunto un approccio quantomeno assertivo nel promuovere e difendere le caratteristiche del suo nuovo prodotto. Alla nota dell’Oms di fine luglio infatti l’azienda ha risposto immediatamente con un comunicato stampa dai toni polemici in cui taccia l’organizzazione internazionale di dogmatismo e lapidariamente afferma: “La reazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) […] è un’occasione mancata per progredire nella propria missione di promuovere la salute globale”.

Inoltre Ia presentazione di Iqos, come prodotto radicalmente diverso dalle normali sigarette, è curata nei minimi dettagli, a partire dai punti vendita che vengono definiti “Boutique” fino all’importante investimento sui social network.

Philip Morris è stata anche accusata di utilizzare influencer giovanissimi per promuovere Iqos e in seguito ha optato per l’utilizzo di soli testimonial che abbiano compiuto 25 anni. Tuttavia l’appeal che i prodotti per fumatori di nuova generazione riscuotono tra i giovani preoccupa in molti.

Sul social network di proprietà cinese Tik Tok, ad esempio, popolato in gran misura da adolescenti, il marchio Iqos non è presente con un suo account, ma l’hashtag #iqos presenta oltre 38 milioni di visualizzazioni, mentre, ad esempio, l’hashtag #philipmorris solo 349 mila.

L’azienda ha dichiarato di puntare molto su questi nuovi prodotti tanto da ipotizzare per il medio lungo periodo, di convertire in tabacco riscaldato l’intera produzione di sigarette a combustione.

Tra i motivi addotti c’è la tutela della salute dei consumatori, ma non sembra essere secondario il lento ma inesorabile calo dei fumatori tradizionali e non da ultimo le agevolazioni fiscali che questi nuovi prodotti ancora godono in vari paesi, tra cui, appunto, l’Italia.

 

foto AP /LaPresse

 

Sui motivi che frenano il governo dall’aumentare il graffio fiscale sul tabacco riscaldato si possono fare varie ipotesi.

Sicuramente il settore della produzione del tabacco non è del tutto secondario nell’economia del paese. L’Italia è infatti il maggior produttore di tabacco d’Europa con il 27% del totale dei volumi, anche se è utile specificare che la produzione europea costituisce oggi solo il 3,7 % di quella mondiale.

In particolare la Philip Morris garantisce attualmente nel paese circa 50.000 posti di lavoro. È recente infatti, dei primi di giugno, l’ultimo accordo tra la multinazionale e l’Ont Italia (Organizzazione nazionale del Tabacco) dove l’azienda si impegna a tutelare l’occupazione del suo indotto italiano e promette nuovi investimenti nel prossimo quinquennio.

Parte del successo della multinazionale nel difendere i suoi interessi economici nel nostro paese è anche dovuto a una spregiudicata attività di lobbying come raccontato dall’ampio articolo pubblicato su Politico.eu.

Dall’inchiesta emergono contatti dell’azienda con politici di tutti gli schieramenti politici, oltre che una miriade di eventi, ricerche e attività benefiche direttamente finanziate dalla multinazionale nel nostro paese.

“Continuerò questa battaglia finché ne avrò modo” racconta ancora la senatrice Binetti, una delle prime promotrici dell’incremento dell’accisa sul tabacco riscaldato, “non solo per le esigenze economiche del paese, ma per la pericolosità del messaggio che una tassa agevolata comporta soprattutto per i più giovani. Come se lo stato stesse dicendo che questi prodotti sono meno pericolosi. Con gli altri colleghi in Camera e Senato punteremo a far passare la proposta nella prossima legge di stabilità”.

[do action=”citazione”]In questa situazione per ora bloccata va tenuto d’occhio anche il quadro europeo.[/do]

Per ora infatti l’ultima direttiva comunitaria in materia di accise del tabacco risale al 2011 (2011/64/EU), prima ancora che i nuovi prodotti senza combustione avessero una diffusione nei paesi dell’Unione. Tuttavia nel documento programmatico che definisce l’agenda per prossimi 18 mesi del Consiglio Europeo, redatto dalla nuova presidenza tedesca, viene fatta menzione specifica della necessità di rivedere la direttiva del 2011, proprio per intervenire sul trattamento fiscale dei nuovi prodotti.

Il Consiglio Europeo ha dichiarato “urgente e necessaria” l’armonizzazione delle tasse e del mercato europeo. Anche se il Ministro delle Finanze tedesco, intervistato da Tobacco Intelligence, ha affermato che non è possibile ancora prevedere i tempi di revisione della direttiva, e che molto probabilmente avverrà dopo il semestre tedesco.

Chissà se la pressione politica interna congiunta allo scenario europeo in mutamento riusciranno a scalfire la solida posizione del gigante del tabacco.