La working class è ora invasa dai petrodollari. L’arrivo del fondo saudita al Newcastle, penultimo in classifica in Premier League, con oltre 200 milioni di euro pronti per il mercato, rompe con la tradizione popolare della città dei cantieri navali del nord-Inghilterra, a un passo dal confine scozzese, nella contea di Tyne and Wear, condivisa forzatamente con gli odiati vicini di Sunderland.

CENTOQUARANTA ANNI di storia, tra i club con la carta d’identità più consumata del Regno Unito, il mito del Newcastle, quel rapporto simbiotico che c’è sempre stato tra la squadra e la tifoseria, si condensa nel St James’s Park. La casa del Newcastle, oltre 50 mila spettatori, un tappeto fantastico per gli occhi e per chi gioca a calcio, il terzo stadio più grande della Premier League, anzi il quarto, se si conta Wembley, ricevuto in eredità delle antiche due squadre cittadine, il Newcastle West End e l’East End.

LA VETRINA DEI TROFEI del club è abbastanza vuota, c’è la FA Cup vinta nel 1924 e il trofeo per il campionato nazionale (la Premier League ha fatto il suo esordio all’inizio degli anni 90’) arrivato due anni dopo, poi la Coppa delle Fiere, antenata della Coppa Uefa poi divenuta Europa League, nel 1968. In mezzo, retrocessioni, delusioni, ma uno stadio sempre pieno, ancor di più quando al St James’s Park sono sfilati – prima di essere ceduti al miglior offerente, con il club poi finito in seconda divisione – alcuni fuoriclasse del calcio inglese, da Peter Beardsley, Chris Waddle e Paul Gascoigne, il mito Gazza, poi ceduto al Tottenham, prima di finire alla Lazio e l’ex Parma, Faustino Asprilla.

Dalla seconda divisione, la First Division, il Newcastle è risalito assieme alla ristrutturazione dello stadio, sempre negli anni 90’, con la proprietà finita a Sir John Hall, imprenditore figlio di un minatore, come si conviene nel nord-Inghilterra. Secondo posto in Premier nel 1995, la maglia numero 9 è andata ad Alan Shearer, forse il più grande bomber del calcio inglese.

NEL NUOVO SECOLO a Newcastle è piombato Bobby Robson, altro guru del calcio britannico, poi Kenny Dalglish, piazzamenti e finali di FA Cup, fino alla decadenza. E quando il Newcastle è finito di nuovo al tappeto è emersa l’anima popolare che intreccia i tifosi alla vita del club. Per sfilare il Newcastle dal proprietario successivo a Sir Hall, il discusso Mike Ashley, è sceso in campo nel 2009 il Newcastle United Supporters Trust (NUST), organizzazione no profit che raccoglie i tifosi dei Magpies, con la campagna Yes We Can (il claim di Obama per il primo mandato alla Casa Bianca), sottoscritta anche da alcuni tifosi doc del Newcastle, come Sting o Mark Knopfler, chitarrista dei Dire Straits e autore dell’inno del club, Going Home.

LO STESSO NUST, nonostante le critiche rivolte dal sistema calcio britannico all’arrivo del fondo saudita di bin Salman (ma solo Amnesty International si è schierato per il rispetto dei diritti umani) ha votato a favore della proprietà araba.