In caso di dubbi sulla tossicità di un pesticida, nell’Unione Europea deve essere fatto valere il principio di precauzione. La Bayer, la maggiore e più potente multinazionale dei pesticidi, dovrà farsene una ragione. La ha affermato la Corte di Giustizia europea in una sentenza emessa il 6 maggio scorso. Era stata la la stessa Bayer, divisione ScienceCrop (scienza agronomica) insieme a Syngenta Crop Protection, a citare per danni davanti alla Corte europea di Giustizia, la Commissione Europea per aver imposto, nel 2013, restrizioni all’uso di sostanze insetticide della famiglia dei neonicotinoidi (imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam), ritenuti particolarmente nocivi per le api.

A fianco di Bayer si erano schierate l’Associazione europea per la protezione delle colture/ECPA, Rapool Ringa, associazione tedesca dei coltivatori di colza, l’Associazione europea del seme /ESA, la Confederazione inglese delle imprese agricole.

DOPO AVER PERSO IN PRIMO GRADO nel 2018, Bayer (ma non Syngenta) ha presentato ricorso in appello, ma la sentenza di primo grado è stata confermata: la Commissione Europea, secondo la Corte del Lussemburgo, aveva tutto il diritto di imporre restrizioni. Nel procedimento la Commissione Europea era supportata da diverse associazioni e ONG, tra le quali Pesticide Action Network/PAN Europe, l’Unione nazionale degli apicoltori francesi/ UNAP, Bee Life, Buglife The invertebrate Conservation Trust, il consiglio della Fondazione Greenpeace e anche il Regno di Svezia.

MARTIN DERMINE, REPONSABILE delle politiche europee di PAN Europe spiega il valore di questa sentenza, di particolare importanza non solo «perché la Corte ha confermato una volta di più la definizione del principio di precauzione, ma anche perché ha convalidato un provvedimento della Commissione Europea basato sulle più recenti scoperte scientifiche da parte dell’Autorità europea per la sicurezza del cibo (Efsa), anche se queste non erano ancora state validate dagli stati membri».

NEL DETTATO della sentenza emerge una considerazione di puro buon senso, che è molto importante sia stata ribadita dalla massima interprete del diritto Ue: ogni nuova informazione tecnico-scientifica deve essere considerata quando è il caso di rivedere l’approvazione di un pesticida.

«L’INDUSTRIA, MA ANCHE DIVERSI stati membri favorevoli all’uso dei pesticidi continuano a premere per ritardare le restrizioni in Europa basandosi sul fatto che i nuovi orientamenti non sono ancora state recepiti dagli stati. Qui la Corte afferma che ogni nuovo lavoro scientifico può essere usato a supporto del divieto di un pesticida. Riteniamo questa precisazione molto positiva, perché talvolta ci vogliono 10-15 anni agli stati membri per trovare un accordo per restringere le norme sui pesticidi. Questo darà un più ampio margine di manovra all’Efsa e alla Commissione per accelerare i divieti sulle sostanze più tossiche, sulla base delle più aggiornate evidenze scientifiche» sottoliena Dermine.

IN SEGUITO A DIVERSI CASI DI MORIA di intere colonie di api correlati ad un uso scorretto dei pesticidi, nel marzo 2011 la Commissione Ue – allora sotto la presidenza Barroso – chiese all’Efsa una revisione della valutazione degli effetti dei pesticidi sulle api effettuato da Eppo (European Plant Protection Organisation), un’organizzazione intergovernativa che si occupa della valutazione dei prodotti fitosanitari. In un documento del 23 maggio 2012, Efsa già metteva in evidenza le debolezze del sistema di valutazione di Eppo e sollevava dubbi sull’effettiva entità degli effetti dei pesticidi sulle api che Eppo non aveva preso in considerazione.

IN QUEGLI STESSI MESI LA RIVISTA Science pubblicò due studi sui pesticidi neonicotinoidi che mettevano in evidenza gli effetti rilevanti sulla stabilità e la sopravvivenza delle colonie di api e bombi e sulle larve. La Commissione Europea tornò a chiedere a Efsa di aggiornare la valutazione del rischio, in particolare per valutare gli effetti acuti e cronici sullo sviluppo del patrimonio apicolo. Nel gennaio 2013 le conclusioni di Efsa furono piuttosto chiare: l’esposizione ai tre pesticidi, che si può verificare in seguito alla loro dispersione nell’aria quando vengono utilizzati per trattare semi di mais, cereali, colza e cotone trattati oppure per ingestione di residui presenti nel nettare e nei pollini, costituisce un grave rischio per le api. È sulla base di questo parere che la Commissione Europea adottò la disposizione contestata da Bayer, che dal 2013 prevede il divieto di ogni uso non-professionale delle tre sostanze, sia all’aperto che al chiuso, il divieto di trattare il terreno o i semi di orzo, miglio, avena, riso, segale, sorgo, triticale e grano se seminati da gennaio a giugno, il divieto di trattamenti sulle foglie.

«Quando c’è un margine di incertezza sull’esistenza o l’entità dei rischi, in particolare per l’ambiente, misure di protezione possono essere prese senza dover aspettare che l’entità e la serietà dei rischi vengano completamente dimostrati» ha ribadito la Corte dei Giustizia rigettando il ricorso di Bayer. Del resto il principio di precauzione è scritto anche nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, era già presente nel trattato di Maastricht e fece la sua comparsa proprio nella giurisprudenza tedesca negli anni Settanta.