«Il mio lavoro ha tre colori: il blu dello stagno, il verde della pineta e l’azzurro del cielo», così descrive l’attività di pescatore Raffaele Manca, mentre alle sue spalle gli ultimi riflessi del sole al tramonto irradiano lo stagno di Is Benas e fronte a lui, il pubblico presente è intento ad ascoltare il concerto di David «Boosta» Di Leo.

Il componente dei Subsonica, che già da qualche anno ha iniziato una carriera a proprio nome, ha aperto il tour chiamato «The Post Piano Session» davanti al bacino lacustre rintracciabile nel comune di San Vero Milis, in provincia di Oristano. L’esibizione del musicista, inclusa nel festival «Pescatori Di Borghi» andato in scena lo scorso 13 e 14 novembre, è stato artisticamente il momento più alto della rassegna. Il torinese ha dato vita ad un set suggestivo, in equilibrio tra ambient e neoclassica: complice lo scenario a dir poco incantevole, l’intreccio tra electro e pianoforte è risultato efficace, creando un’atmosfera trasognata ed evocativa. La kermesse nata con l’obiettivo di valorizzare il ruolo dei pescatori e di promuovere il territorio in cui questi agiscono, accrescendone l’attrattività e sensibilizzando l’opinione pubblica all’importanza della piccola pesca, ha concretizzato nel modo migliore le sue intenzioni ad Is Benas.

Lo spazio lagunare di acqua marina di circa cento ettari di estensione in cui insistono le attività della omonima cooperativa, ha infatti aperto per la prima volta l’area al pubblico in occasione della seconda annualità del festival. Con molta soddisfazione proprio da parte di chi quel sito lo vive diversamente durante l’anno: «Vivere e lavorare qui per me è un sogno. Non solo perché dal punto di vista naturalistico siamo in un posto straordinario, ma perché in contemporanea è anche il luogo che ci vede impegnati quotidianamente».

Così Manca, che della cooperativa è presidente, descrive la relazione tra il suo mestiere e l’ambiente circostante: «Questo stagno che si affaccia nel Mediterraneo occidentale è bellissimo. Siamo in un posto in cui all’alba è difficile capire dove termina il cielo e dove inizia lo specchio d’acqua. Quindi per noi pescatori, l’esigenza diventa coniugare lavoro e rispetto ambientale. Auspichiamo di poter costruire una nuova peschiera in quanto la nostra è datata e di poter pulire i canali che portano al mare, al fine di avere una migliore ossigenazione delle acque. Da parte nostra, ci siamo dati due regole per salvaguardare l’intero compendio ittico: non pescare il pesce troppo minuto, rispettarne i cicli di crescita. Inoltre, con eventi come quello di oggi, vogliamo presentare alla gente questa area geografica in modo corretto, di modo che percepiscano che attività lavorative e rispetto ambientale sanno coesistere. Perché essere pescatore significa vivere in mezzo alla natura. Siamo davvero fortunati per questo».

Il festival, organizzato dal Flag Pescando della Sardegna Centro Occidentale con il contributo del governo regionale e di altri soggetti pubblici e privati, ha presentato un programma che includeva laboratori di educazione ambientale, convegni, escursioni di pescaturismo, degustazioni e reading letterari spalmati lungo buona parte del territorio di competenza del Flag, composto da centoventitre chilometri di costa e aree limitrofe nell’interno, che vanno dalla zona del comune di Cuglieri nel nord dell’oristanese, fino a quello di Arbus in Costa Verde. Nonostante il tempo parzialmente inclemente non abbia permesso la realizzazione dell’intero palinsesto, la capacità di attrazione del lato ovest della Sardegna rimane indiscutibile.

Lo dimostrano le storie minerarie del sottosuolo e del soprassuolo di donne e uomini che, con il loro carico di drammaticità e dignità al tempo stesso, incastonate tra archeologia industriale e paesaggi collinari che si incontrano ad esempio presso la miniera di Ingortosu, nonostante il tempo che passa mantengono il loro fascino. A metà tra monito e testimonianza di qualcosa che non dovrebbe mai più ripetersi nel mondo del lavoro, toccano nel profondo l’emotività del viaggiatore. Il quale ancora impegnato a riflettere su quanto visto, viene nuovamente sorpreso, nell’arco di una manciata di chilometri, dalla pura bellezza delle grandi spiagge di Piscinas, Scivu e Portu Maga. E proseguendo nello spostamento verso nord, in direzione del golfo di Oristano, sembra a volte di entrare nelle descrizioni letterarie di Sergio Atzeni: accade grazie ai colori mutanti e alla poliedricità del paesaggio.

Quasi crepuscolare è il fascino di Marceddì, dove si apre il crogiuolo di vicende legate al mondo della pesca in bilico tra acqua salata e dolce. Si tratta di una piccola borgata di pescatori che affaccia direttamente sullo stagno omonimo fronte mare, che con la sfilza di abitazioni policrome ad un solo piano sembra rammentare un misto di paesaggi tra la costiera senegalese e quella sudamericana. Lasciare Marceddì alle spalle significa entrare nel binomio storiografico che anima tutta l’area in questione: ogni luogo di pesca ha sovente dietro di sé una presenza archeologica di peso, quando non nello stesso posto, di lì a poco.

Vale per Marceddì come propaggine dell’antica Neapolis, altrettanto per l’affascinante parco archeologico di Tharros dalla parte opposta del golfo e ancor più, per Cabras ed il suo museo, in cui è insediata la presenza e buona parte delle ricerche ancora in atto relative ai giganti di Mont’e Prama ed il carisma immaginifico che portano con sé, al punto tale che uno di essi è in questo momento in tour all’Hermitage Museum di San Pietroburgo. E mentre si risale verso settentrione, la salina Manna con i suoi fenicotteri e l’imponente capo Mannu con le rocce calcaree, sono il preludio all’ultima cooperativa di pescatori che si incontra, quella di Su Pallosu, che nel 1997 divenne anche grazie alla storia di Gianni Usai, ispirazione per Le ragioni dell’aragosta, la pellicola firmata da Sabina Guzzanti. Viaggiando lungo questi territori, si percepisce che il protagonismo di chi delle acque fa il proprio lavoro è necessario per l’equilibrio generale.

Divenendo imprescindibile per la tutela del territorio, come sottolinea il direttore del Flag Pescando Mauro Tuzzolino: «L’acronimo del Flag, Fisheries Local Action Group, ha nel suo significato il senso di quanto facciamo. Cerchiamo di supportare e coniugare la piccola pesca con la sostenibilità. Lo facciamo non solo con l’innovazione organizzativa, commerciale e distributiva, ma veicolando un messaggio fondamentale, ovvero che i pescatori sono i custodi dei paesaggi di pesca di mare e di laguna. Riteniamo che questo possa esser fatto aggiungendo altri elementi, in primis la bellezza dei luoghi di cui parliamo, dove si evidenzia una valida combinazione tra saperi antichi e odierni, produzione e ambiente preservato. Tutto questo lo facciamo perché ricerchiamo per queste comunità il benessere, con un turismo gentile fatto da viaggiatori consapevoli.

Per questo vediamo i pescatori come protagonisti multifunzionali, capaci di portare avanti un mestiere secolare, diventando accoglienti nei confronti di chi si sposta per conoscerlo, animando eventi culturali e supportando ogni discorso legato alla bellezza ambientale e ad una fruizione diversa del territorio di cui storicamente sono parte. E ora sono elementi cardine del processo di integrazione di lavoro, arte e cultura, al fine di promuovere proprio quei luoghi una volta deputati solo al lavoro ed oggi, finalmente, diversamente fruibili».