Giovane americana a Parigi e «personal shopper» di una celebrity Maureen (Kristen Stewart) ha un dono di medium, per questo aspetta ostinata un segno dal fratello gemello morto all’improvviso. Ma il segno non arriva, ci sono solo altri spiriti incattiviti, e intanto la fidanzata del ragazzo ha trovato un altro amore – «Non volevo vivere nel lutto fa troppo male» – la sua casa viene venduta, i giorni vanno avanti uguali e lui continua a non manifestarsi. Il tempo di un lutto, l’assenza della perdita: a cosa siamo disposti per dare una risposta agli interrogativi del nostro dolore? Quali rischi, truffe, vite? Maureen non ha nello spiritismo la stessa fede caparbia che aveva l’amatissimo fratello: ma esiste davvero? O è solo lo spazio del nostro bisogno di crederci?

 

 

Olivier Assayas nel suo film, premio alla regia lo scorso anno a Cannes non propone risposte; le sue sono intuizioni, pensieri fluttuanti nella materia mobile e impalpabile delle immagini che permettono di inventare il mondo o almeno di illuminarne quelle zone che sfuggono alle linee nette della realtà. Come i dipinti di Hilma af Klimt, pioniera dell’arte astratta prima di Mondrian e Malevitch, che dall’occultismo e dalla teosofia trae ispirazione. O le pagine che Victor Hugo scrive nell’esilio americano raccogliendo le conversazione – Le livre des tables – con gli spiriti, la figlia Leopoldine o Dante e Galileo, due scoperte che guidano la ragazza (e la ghost story filosofic/fantastica del regista) . Astrazione e realismo, ma più che un’opposizione una complementarietà: non è la stessa tensione del cinema?

 

 

I mondi  di Assayas non fabbricano certezze sfoggiando regie virtuose e istantanee, al contrario la potenza della sua messinscena è fatta di seduzione e morbidezza, epifanie improvvise come le apparizioni degli spettri che compongono un romanzo dell’umano.
Maureen, la personal shopper più malvestita che si possa immaginare, con la sua andatura goffa che non osa provare gli abiti di lusso della capa – le è vietato – sa trovare sempre il dettaglio giusto:accessori, scarpe, borse eppure su di lei quel vestito luccicante lo sente fuori posto quando lo indossa assecondando una sfida crudele.

 

 

La sua solitudine silenziosa, immersa in spettri veri o presunti racconta con raggelata precisione lo stato d’animo del presente, un sentimento dell’al di qua che sembra avere cancellato il corpo nell’immateriale tecnologico e nelle sue attrazioni: troppa realtà che nega persino la sua l’astrazione. E al centro di questo occulto gioco di riflessi che mischia con sfrontatezza – e guizzo di stile – il thriller tradizionale e gli spazi misteriosi degli ectoplasma c’è lei, Kristen Stewart, in una nuova complicità intima e sensuale – dopo Sils Maria – col regista che trasforma il suo corpo,come aveva fatto in Irma Vep, il film a questo forse più vicino, in un doppio con cui attraversai territori dell’immaginario esplorandone le tensioni. Una riflessione sul cinema tra desiderio e stupore.