Errare è umano, ma perseverare è diabolico. I provvedimenti annunciati dal presidente del consiglio ricalcano, in tutto o in parte, provvedimenti di governi di centrosinistra (Prodi), e di centrodestra. La prima riduzione dell’Irpef è di Berlusconi, e tutti sanno come è andata a finire. Se allora c’era qualche giustificazione per la limitata conoscenza degli effetti macroeconomici in generale, e di produttività sul sistema produttivo in particolare (il manifesto titolava «Presi per il cuneo»), oggi, questi provvedimenti, hanno il sapore amaro e diabolico della malafede.

La «denuncia» di Renzi: per anni abbiamo aumentato le tasse, oggi ci impegniamo a diminuire le tasse sul lavoro, lasciando nelle tasche dei cittadini 80 euro di media. I rumor di sindacati e Confindustria? Se ne facciano una ragione.

Proprio volendo ragionare, il più grande datore di lavoro del paese, la Pubblica Amministrazione, ha bloccato i salari del pubblico impiego per 3 milioni di lavoratori, con una perdita secca del 10%, e il paese dovrebbe farsene una ragione? Cominciasse a fare il suo mestiere di datore di lavoro, cioè rinnovare il contratto del pubblico impiego. Inoltre, l’aumento del reddito conseguente sarebbe economicamente più efficace in ragione della sua concentrazione, manifestando un moltiplicatore di gran lunga più alto rispetto all’estensione del provvedimento a 10 milioni di persone. In realtà Renzi veicola l’idea che la crisi italiana è una crisi da eccesso di tasse. Solo una loro riduzione farà ripartire il paese. Siamo alle solite: lo stato è colpevole in tutto. Peccato che la soluzione della crisi passa attraverso lo stato, come ben sanno le banche europee salvate proprio dal debito pubblico europeo.

Come se non bastasse, Renzi impegna il commissario straordinario per la spending review, Cottarelli, ad alzare l’asticella dei risparmi pubblici, da 3 a 7 miliardi di euro entro il 2014. La spending review non doveva essere lo strumento di rivisitazione della spesa con la finalità di migliorare i servizi? Non è possibile, nell’arco di un mese, passare da un risparmio potenziale di 3 miliardi a 7 miliardi di euro. Se accetta questa linea Cottarelli non è meno colpevole di altri. Sa bene quanto sia delicata la spesa pubblica, quanto e come alcune spese siano incomprimibili.

La riduzione delle tasse paventate dal governo Renzi in sostanza è equivalente ad un aumento contrattuale. Lo stato e la riduzione delle tasse erogano l’equivalente di un aumento contrattuale? Che il carico tributario debba essere modificato non c’è nessun dubbio. Alessandro Santoro e Vincenzo Visco lo dicono da tempo. L’Irpef non è più lo strumento fiscale per distribuire il carico tributario. Infatti, l’Irpef è interessata da un solo reddito, quello da lavoro dipendente. Di cosa si lamentano i datori di lavoro? Mi domando quanti sanno che il problema della distribuzione del reddito è innanzitutto un problema di distribuzione di reddito primario, cioè il reddito che si forma nel circuito economico. Lo stato fa miracoli. Il cuneo fiscale è alto? Il costo del lavoro italiano è tra i più bassi a livello europeo e, nonostante tutto, il sistema economico del paese ha perso 17 punti di Pil.

C’è un problema enorme di distribuzione del reddito, di giustizia fiscale e salariale. Occorre agire sul reddito primario e sul reddito secondario, con la consapevolezza che ciò aiuta la condizione delle famiglie, ma non potrà mai far ripartire il paese. Il dramma che attraversa l’Italia è quello di 6 milioni di disoccupati che non hanno nessuna possibilità di rientrare nel circuito del lavoro. Molto più utile sarebbe stata la «socializzazione degli investimenti», ricordata recentemente da Belfiore.

Questi investimenti sarebbero domanda e lavoro certo, con un effetto sul reddito di gran lunga più alto della paventata riduzione delle tasse. Aumenterebbe il numero di persone occupate, cioè reddito aggiuntivo per il consumo. Sarebbero anche investimenti che potrebbero anticipare la domanda di beni e servizi (ambiente, energia e ricerca e sviluppo), cioè favorirebbe una modificazione della specializzazione produttiva e della domanda di lavoro. Un lavoro qualificato per i nostri studenti.

Un’altra storia. Un altro Paese.