Più tempo all’advisor. È questa la proposta del ministro del Lavoro Luigi Di Maio che, ieri, a Novi Ligure, ha incontrato i lavoratori della Pernigotti, da mesi in presidio per difendere la storica fabbrica di cioccolato che la proprietà – il gruppo turco Toksöz – ha deciso di chiudere.

È UNA PROPOSTA che non piace al sindaco Pd della cittadina in provincia di Alessandria, né a molti lavoratori. «Se si prende altro tempo e si sospende ancora la procedura di cassa integrazione, qualora l’8 gennaio l’advisor dicesse di non essere riuscito a trovare soluzioni, chi tutelerebbe i lavoratori?», si è chiesto il primo cittadino Rocchino Muliere.

L’advisor, scelto dalla stessa società, è la milanese Sernet che starebbe valutando partner privati per dare un futuro allo stabilimento. La vertenza della Pernigotti è stata descritta dal vicepremier pentastellato come «una lunga maratona», «si deve conquistare un miglio alla volta». Appena arrivato a Novi ha sottolineato, battagliero: «La Pernigotti deve continuare a esistere qui, con i suoi lavoratori. Sono qui per dire loro che la battaglia continua e che hanno il governo al loro fianco». Poi, ha precisato: «Siamo disposti a una trattativa a oltranza per convincere la proprietà ma è fondamentale dare più tempo all’advisor: più soggetti interessati troveremo, più riusciremo a convincere l’azienda che esistono soluzioni alternative a quelle che aveva prospettato». Il tempo, però, stringe.

La Pernigotti è un marchio leggendario con quasi 160 anni di storia. Tutto iniziò quando Stefano Pernigotti aprì nella piazza del Mercato una drogheria specializzata in «droghe e coloniali»; otto anni dopo inaugurò con il figlio Francesco un’azienda dolciaria vera e propria. Il 6 novembre scorso è arrivato l’annuncio della chiusura, da quel giorno gli operai sono in assemblea permanente davanti alla fabbrica. A essere colpiti dalla decisione societaria sono circa 200 lavoratori: metà dipendenti diretti e metà interinali. Sperano in una via d’uscita da questo incubo, si augurano che l’interessamento di Sperlari per l’acquisizione di asset produttivi – diventato in questi giorni esplicito – diventi presto concreto, «così il governo potrà aprire una trattativa con la proprietà che vuole tirare giù la saracinesca ma tenersi stretto il marchio». L’incontro con Di Maio è stato interlocutorio. «Sacrifici ne abbiamo già fatti abbastanza. Cosa ha fatto, invece, l’advisor peraltro scelto dall’azienda stessa?», precisano i lavoratori.

«Onestamente mi aspettavo qualcosa di più», ha commentato Marco Malpassi, segretario della Flai-Cgil di Alessandria. Il sindacato richiede da tempo un ammortizzatore sociale diverso dalla cassa integrazione per cessazione, reclama una cassa per riorganizzazione: «Le risposte le troveremo l’8 gennaio nel corso del tavolo al Mise. Noi – ha aggiunto Malpassi – abbiamo chiesto al ministro, alla luce dell’interessamento di soggetti come Sperlari e di un fondo indiano, di cui però non si sa molto, di avere strumenti che meglio tutelino i lavoratori».

MARTEDÌ, SI TERRÀ A ROMA, dopo quello del 15 novembre, il secondo incontro sulla vertenza: sarà presieduto dal vice capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo Economico Giorgio Sorial. «Siamo disponibili a dare tutti gli strumenti di ammortizzatori sociali ma ci deve essere la garanzia da parte della proprietà sul futuro dell’azienda e sulla tutela della vocazione di eccellenza del comparto agroalimentare di questo territorio» ha dichiarato Di Maio. La sua è stata una visita non solo istituzionale ma anche indirettamente elettorale.

Mancano, infatti, pochi mesi alle elezioni regionali in Piemonte, e il vicepremier era accompagnato dal candidato M5s alla presidenza, Bertola. Il momento giusto per annunciare che, dal caso Pernigotti, «arriverà in Parlamento la legge che impone ai marchi italiani di restare nel territorio in cui sono nati, legati alle comunità che li hanno fatti nascere, sviluppare e che li hanno resi grandi nel mondo».

All’incontro con i lavoratori era presente anche l’assessore regionale al Lavoro Pentenero (Pd): «Attorno alla cassa integrazione non ci deve essere solo il sostegno al reddito dei lavoratori ma dobbiamo capire quale è il futuro per Pernigotti. Deve restare a Novi Ligure e rappresentare il Piemonte».