L’aumento dell’età pensionabile in Russia (da 55 a 63 anni per le donne e da 60 a 65 per gli uomini) forse passerà ma rischia di lasciarsi alle spalle così tante macerie che Putin difficilmente potrà uscirne con una scrollata della giacca.

La «riforma» messa in campo il giorno dell’inizio dei mondiali e approvata in prima lettura alla Duma il 19 luglio, non trova entusiasti consensi neppure in parlamento dove Russia Unita, il partito di Putin, ha una maggioranza schiacciante. «Sono stati così tanti gli interventi contrari o che chiedevano sostanziali modifiche che sembrava di trovarsi non alla Duma ma a un’assemblea dell’opposizione», annotava qualche giorno fa Vedomosti.

Il giorno del voto molti parlamentari hanno preferito darsi malati e agli onori delle cronache è passata la giovane deputata di Russia Unita Natalya Poklonskya che ha votato contro ed è passata al gruppo misto, seguita un paio di giorni dopo da Sergey Zeneznjak, vice segretario del partito. Fatti clamorosi per la Russia dove i deputati non cambiano mai casacca e non si permettono di regola di irritare Putin.

Irritata invece, e molto, l’opinione pubblica soprattutto quella femminile che dovrebbe digerire 8 anni di innalzamento dell’età pensionabile in un paese in cui le donne hanno la peggiore protezione sociale d’Europa. E in cui spesso andare in pensione significa continuare a lavorare, dato che la media degli assegni resta sotto i 300 dollari mensili.

«C’è un valore chiave per la maggioranza dei russi, reminiscenza dell’epoca sovietica, che è quello dell’uguaglianza, che la riforma va a intaccare», dice Alexander Buzgalin docente di scienze politiche all’Università di Mosca. I sondaggi parlano chiaro: al 78% della popolazione l’aumento dell’età pensionabile non piace e Putin, per questo, ha lasciato sul campo il 9% del rating di popolarità in un mese.

«La riforma non mi piace», si è subito affrettato ad aggiungersi al coro lo «Zar» dopo il voto della Duma, provocando l’ironia della stampa d’opposizione («Qualcuno dovrà informare Putin che si tratta di una legge del suo governo», ricordava ieri Novaya Gazeta) e lo sconcerto del suoi stessi ministri. Che si stanno affrettando a pensare all’introduzione di «sostanziosi emendamenti».

Primo fra tutti quello che dovrebbe permettere di accedere ai benefit per i pensionati (altro lascito sovietico) a chi non potrà più andare subito in pensione: i trasporti gratuiti, vacanze al mare per pochi spiccioli e contributi alle spese condominiali. E si sussurra che alla fine potrebbe esserci uno «sconticino» di tre anni per le donne.

Ringalluzzita l’opposizione che sembrava finita in letargo dopo il plebiscito a favore di Putin nelle presidenziali del 14 marzo. Ieri, malgrado molte famiglie siano già nelle dacie per le vacanze estive, il partito comunista, la socialdemocratica Russia Giusta, le formazioni della nuova sinistra e i sindacati di base si sono mobilitati contro quello che è stato definito «un genocidio sociale». In oltre 50 città si sono tenute manifestazioni per dire no alla riforma.

La più grande a Mosca dove sulla Prospekt Sacharov si sono ritrovate 50mila persone. Nel comizio finale il portavoce del Fronte della sinistra Sergey Udalzov ha proclamato: «Questo è solo l’inizio. Per la votazione finale della legge a settembre saremo una marea. Sarà la marcia dei milioni di russi che dicono no».

Raggianti anche i rappresentati della Confederazione del lavoro russa che ha annunciato di aver già raccolto oltre tre milioni di firme contro il provvedimento.