L’intera collettività che vive intorno alle Alpi Apuane guarda con grande attenzione a ciò che accadrà oggi in Corte Costituzionale. Perché il possibile esito del contenzioso tra Regione, Governo Renzi e imprese a proposito delle cave di marmo va oltre il giudizio che la Consulta potrà esprimere sull’articolo 32 della legge adottata sul tema nel 2015 dalla Toscana. Dietro quell’articolo, che stabilisce non esista nessuna cava di marmo privata a Massa e Carrara, sta, infatti, una più ampia battaglia della collettività locale per mettere fine a un’usurpazione che dura da oltre duecento anni.

Lo sanno bene gli industriali, sia quelli locali che le multinazionali del carbonato di calcio, che hanno utilizzato il «conflitto di competenze» Stato-Regione sollevato da Renzi, per andare nei tribunali civili a chiedere il riconoscimento della proprietà su cave in cui si comportano da “padroni” da decine di anni. Non pagando – tra l’altro – il canone di concessione che dovrebbero se il patrimonio fosse giustamente riconosciuto come pubblico. E lo sanno le molte associazioni, forze civiche e movimenti politici apuani che aldilà dei giudizi differenti sulla legge regionale – alcuni anche pesantemente critici – hanno individuato nella difesa della proprietà collettiva delle cave un fronte comune.

In discussione, infatti, è l’idea che siano i cittadini a decidere chi e come può estrarre marmo andando progressivamente verso una riduzione drastica di quantitativi oggi insostenibili per delle montagne martoriate da un’escavazione che ha sempre meno a che fare con Michelangelo – che qui prendeva i suoi marmi – e sempre di più è un distretto minerario. A fianco delle associazioni si sono mobilitati in questi mesi nomi importanti: da Andrea Camilleri a Moni Ovadia, da Salvatore Settis a Adriano Prosperi, da Giuseppe Ugo Rescigno a Tomaso Montanari, Roberta De Monticelli, Maurizio Maggiani, Paolo Baldeschi, Maria Pia Guermandi e Mario Perrotta.

Ispirati dalle parole del ex Vicepresidente della Corte Paolo Maddalena – che ha dato sostanza alle ragioni del fronte «nocaveprivate» – hanno sottoscritto un appello alla Corte in cui ricordano come: «Le Alpi Apuane sono una parte importante dell’ecosistema del nostro paese» ed «è dovere dei cittadini difenderle contro il loro sfruttamento intensivo e il continuo prelievo di marmo» e ancora come «un diverso modello di sviluppo (…), assolutamente necessario e non più rinviabile, può coincidere soltanto con il riconoscimento che esse – a partire dalle cave – sono proprietà della collettività: da tutelare e non da violentare, saccheggiare e mercificare a vantaggio di pochi e a danno di tutti».

La Corte Costituzionale già nel 1995 con una sua storica sentenza chiarì come la natura delle concessioni delle cave di marmo di Massa e Carrara fosse pubblica. La speranza è che un suo giudizio possa ora mettere la parola fine alle pretese degli imprenditori per poter davvero aprire una pagina nuova nella storia di queste montagne che a Fosco Maraini facevano pensare «alla creazione del mondo».

*Presidente Arci Massa-Carrara