Cari compagni, vi ringrazio per la pubblicazione del mio articolo su Gaza, ieri, obietto però sul titolo che tradisce il senso di quanto ho scritto: dire «il silenzio dei pacifisti» sembra un’accusa che io non mi sento di rivolgere alle tante forze organizzate e ai singoli che chiamiamo sinistra, perché io mi sento colpevole come loro, anche io silenziosa e cioè incapace di una reazione adeguata al disastro che si sta verificando. Per questo il titolo che avevo suggerito era «per condividere la frustrazione» oppure il solo «perché?», e cioè un invito a riflettere insieme ed ad alta voce sul perché della nostra impotenza. Per cercare tutti assieme di superarla.

Scrivo questa nota perché davvero non voglio dare altezzose lezioni a nessuno, sono consapevole e partecipe di tutte le difficoltà che, ciascuno a suo modo, sta vivendo in questa stagione. Vorrei solo che se ne discutesse assieme ed esplicitamente.

Un’altra precisazione, questa a mio carico: per frettolosità non ho riletto l’articolo che vi avevo mandato e non mi sono accorta che la mia frase «si può non essere d’accordo con Hamas» seguita da «e io lo sono» poteva essere interpretata al contrario. E così infatti è stato: alcuni lettori mi hanno chiamato per dirmi: ma davvero tu sei sulla linea di Hamas? Vorrei tranquillizzarli: no, non sono d’accordo con Hamas, anche se spesso nemmeno tanto con Abu Mazen. In realtà vorrei che uscisse dal carcere Marwan Bargouti.

Luciana ha ragione e me ne sento responsabile, avendo passato l’articolo. In una giornata di grande difficoltà nella quale, tra l’altro, ho sbagliato anche un titolo cinese. Era meglio, sicuramente il solo «perché». L’intenzione comunque era quella di titolare sul «perché» del silenzio. È certo che di questa frustrazione poco condivisa e di questo silenzio assordante di quel che chiamiamo sinistra, siamo tutti protagonisti, chi più chi meno (e non solo per la Palestina). Di sicuro dobbiamo discuterne (come ha fatto Annamaria Rivera, due giorni fa sul manifesto. L’interrogarsi, naturalmente è cosa ben diversa dal teorizzare – come fa qualcuno che davvero vuole impartire «lezioni» – il silenzio insieme all’equidistanza sulla tragedia palestinese che si consuma a Gaza. Su questo, del resto, l’articolo di Luciana di ieri era più che esplicito. Come la sua volontà di scoprire novità tra i giovani che spesso siamo incapaci di vedere.

(Tommaso Di Francesco)