Qui al cohousing, siccità da mesi e Covid tolgono il respiro. Con le mascherine abbracci e saluti sono diventati occhi. Occhi che cercano l’altro, nella triste considerazione che la relazione, cercata insieme per una «buona vita», ora è il primo pericolo. Sconforto. La pandemia fa capire l’importanza delle relazioni per la nostra esistenza. Applausi alla rielezione di Mattarella a Presidente. Gli sono tutti grati per la sua presenza gentile, accogliente e decisa nell’idea di un bene comune. Mattarella ha saputo costruire con le persone e le Istituzioni una «buona relazione». La pandemia ci sfida sulle relazioni. Olga propone il tema con il libro: «Dopo la pandemia. Rigenerare la società con le relazioni» di Pierpaolo Donati e Giulio Maspero, (Roma 2021). Donati, sociologo, scrive che le relazioni ed il loro cambiamento sono centrali per affrontare il dopo pandemia, ma i sistemi sanitari ed economici hanno cercato di tornare ad una normalità senza tenerne conto. Donati distingue una cultura che chiama «relazionista» da una «relazionale».

Nella prima, propria della modernità, le relazioni sono interazioni contingenti, astratte, basate su interessi momentanei, senza impegni progettuali. Con la cultura relazionista, in pandemia, persone, famiglie, organizzazioni, sono rimaste disorientate, reiterando i loro stereotipi. Secondo Donati è una cultura inadatta a superare i deficit pandemici, anzi responsabile della reinfezione appena si è tentato di uscire dal lockdown (ritorno sfrenato alla movida, aggregazioni smodate…). La cultura «relazionale», invece, dà centralità alle relazioni come entità reali per dispiegare il «senso» della vita. Le relazioni sono legami, ma anche riferimento di valore simbolico che danno loro senso. Questa cultura, nell’isolamento coatto della pandemia, con i suoi beni relazionali, quali fiducia e solidarietà, è stata capace di nuove reti relazionali, anche per aiutare chi è in difficoltà (anziani soli, poveri…). Nel post pandemia è necessaria una cultura relazionale con una matrice fondata sulla relazione e la sua cura. Questo richiede uno «sfondamento culturale», una svolta di civiltà. D’altronde, sviluppo sostenibile, lotta alla povertà, sono obbiettivi vuoti, se sostenuti solo da progetti di nuove tecnologie e non da una nuova cultura relazionale. Quello che conforta e infiamma gli animi di tutti è l’idea della necessità di una vera e propria «rivoluzione relazionale». Questo è ciò che ha segnato e segna il percorso di vita condivisa qui al cohousing e la ricerca attuale degli eco-villaggi e comunità intenzionali.