«Dietro la reazione dell’Anm, e soprattutto del Csm, c’è una concezione proprietaria della giustizia. Ogni volta che si tenta di riformare qualcosa, il sindacato dei magistrati – perché di questo si tratta, come ha evidenziato questa faccenda – si mette di traverso. Ma la cosa davvero stravagante è che con l’intervento del Csm c’è stata l’identificazione di un organo dello Stato con la rappresentanza sindacale». Seppur a malincuore, il presidente dell’Unione Camere penali Valerio Spigarelli, protagonista di tante battaglie garantiste, interviene sulla questione del taglio delle ferie dei giudici e sullo strappo tra le toghe e il governo che il ministro Orlando sta tentando di ricucire. «Mi sembra che sia caduto il fattore B, per cui adesso al riforma della giustizia si potrebbe anche fare, ma non quello M (come magistratura)», avverte.

Il presidente dell’Anm, Sabelli, dice che il tema delle ferie «c’entra ben poco con la reale soluzione del problema efficienza del sistema giustizia».

Dobbiamo fare chiarezza: un conto sono i 46 giorni di ferie di un singolo magistrato, che pure il governo avrebbe il diritto di ridurre anche senza chiedere il loro permesso, solo per il motivo che si tratta di un periodo molto più lungo di quello di cui gode un qualsiasi altro alto funzionario dello Stato. Altra cosa però è la sospensione feriale dell’attività dei tribunali, che è arcaica perché segue l’organizzazione del lavoro di decenni fa, quando tutto il mondo della giustizia si fermava dall’1 agosto al 15 settembre. Questo periodo va obiettivamente ridotto, pur stando attenti a non incidere sul diritto dei cittadini di poter ricevere notifiche a studi aperti. Ma chi dovrebbe protestare di più sono gli avvocati dei piccoli studi che avranno maggiori difficoltà ad adeguarsi. Eppure non lo hanno fatto. D’altronde è un dato ormai accertato che il 60% delle prescrizioni maturano nell’armadio delle procure, e non a causa delle strategie dilatorie degli avvocati.

L’Anm accusa il governo di aver «rovesciato il tavolo» della trattativa inserendo «senza preavviso» nel decreto il taglio delle ferie.

È una battaglia sindacale. L’Anm è sindacato – e non tutta la magistratura – ed è giusto che si comporti come tale. Ma che il Csm si schieri al loro fianco perché il premier Renzi ha fatto una battuta che avrebbe potuto fare per qualsiasi altro sindacato, questo dimostra davvero una concezione proprietaria della giustizia da parte dei magistrati. Anche noi, seppure siamo solo liberi professionisti, lavoriamo nel periodo feriale. Non dimentichiamo però che sullo stipendio dei magistrati, il più alto nella pubblica amministrazione, si parametrava quello dei deputati. Una battaglia sindacale non può diventare una battaglia di principio, per lesa maestà.

Sulla responsabilità civile. Il viceministro Costa ha dato le cifre: dalla legge Vassalli del 1988 ad oggi sono 410 i ricorsi contro i magistrati, di cui solo 35 sono stati ammessi al vaglio dei tribunali e solo 7 sono stati accolti.

La responsabilità diretta delle toghe non la vuole nessuno, nemmeno noi. È stato solo uno spauracchio per accelerare quella indiretta. È un falso problema, e i magistrati lo sanno. Ma l’Anm parla a nuora perché suocera intenda. La legge che si delinea va bene anche a loro ma la tirano in ballo per tenere alta la contrattazione sul resto. Una cosa è certa: la responsabilità civile indiretta non ha nulla a che vedere con gli attentati alla libertà della magistratura.

Ma a voi avvocati penalisti questa riforma, almeno come sembra si vada delineando, piace?

Non è una riforma, solo ritocchi. Alcuni pessimi, altri buoni e altri di cui si deve discutere ancora. Oltre alla responsabilità civile, va bene la compressione dei poteri del Gup. Mentre ci piacerebbe che la norma che permette di dilazionare il contatto tra l’arrestato e l’avvocato (art.104 cpp) venga cancellata non solo per i reati meno gravi ma per tutti. Ci batteremo contro questa legge ereditata dal fascismo, che ha senso solo in una logica inquisitoria. Fare una riforma significa invece riflettere per esempio sull’obbligatorietà dell’azione penale, o imporre la separazione delle carriere che ha raccolto col referendum del 2000 dieci milioni di consensi. Perché non discutiamo di questo? Il governo Renzi si oppone dicendo «sono temi divisivi». Ma anche la riforma del Parlamento era un tema divisivo, eppure è stato affrontato.

Per fare una vera riforma, di cui il Paese ha bisogno, deve cadere anche il fattore M e non solo quello B.