Disfarsi della caldaia a gas e sostituirla con una pompa di calore elettrica è al momento la mossa più efficace per tagliare le emissioni di CO2 legate al riscaldamento degli edifici, in tutte le fasce climatiche e con ogni mix energetico, eccetto che in Polonia ed Estonia. Fa risparmiare e garantisce buoni livelli di comfort. Però la transizione a questa tecnologia è ancora troppo lenta persino in un paese come l’Italia dove, grazie al Superbonus 110%, il principale ostacolo, quello dell’investimento iniziale, potrebbe essere agilmente superato.

UNA RICERCA E UN SONDAGGIO commissionati da Eeb (European Environmental Bureau) e Coolproducts mettono in evidenza che sono la mancanza di informazioni, e in qualche caso la disinformazione su costi, prestazioni ed entità degli interventi, a frenare la decarbonizzazione degli edifici. Invece, chi ha già installato una pompa di calore è soddisfatto: su 670 utilizzatori intervistati in 22 paesi europei (anche Uk e Norvegia), l’85% si dice contento, l’81% considera migliorato il proprio livello di benessere, il 64% dichiara di spendere meno. Considerando che il sondaggio è stato fatto prima dell’impennata del prezzo del gas, il risparmio sembrerà oggi ancora più consistente.

«È NECESSARIO SFATARE LE LEGGENDE urbane secondo le quali il gas è assolutamente necessario per la transizione energetica, le pompe di calore elettriche non riescono a riscaldare le case come i boiler a gas, per installarle sono sempre necessarie ristrutturazioni integrali, e possono addirittura compromettere la stabilità della rete come sostiene la lobby del gas – dice Davide Sabbadin, responsabile per le politiche del clima di Eeb – è chiaro che le prestazioni migliori si hanno in abbinamento ad interventi di isolamento, con impianti di solare termico e fotovoltaico e con termosifoni radianti. Nel Sud, dove molte abitazioni non hanno l’impianto di riscaldamento, si rivelano molto più efficienti delle stufe elettriche. Quello che serve per la loro diffusione sono politiche che consentano a tutti di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, altrimenti solo le famiglie con meno risorse rimarranno vincolate al gas. Quanto all’idrogeno per il riscaldamento, è un’idea con la quale si trastullano Eni e Snam, ma non ci crede nessuno»

OLTRE AI COSTI, SECONDO LA RETE di organizzazioni dei consumatori europei Beuc, un altro freno alla diffusione delle pompe di calore può essere la mancanza di installatori e quindi manutentori. Per idraulici, elettricisti o impiantisti serve un patentino ad hoc, ma non esiste alcuna forma specifica di formazione.

PER OVVIARE AI VARI OSTACOLI, IN OLANDA si stanno sperimentando forme di noleggio. L’utente non acquista la pompa, bensì un servizio, un «pacchetto» calore con cui si garantisce il riscaldamento della casa. Il vantaggio sta nel fatto che il fornitore, che normalmente è un fornitore di energia, ha tutto l’interesse a installare gli impianti più efficienti e a curarne il funzionamento ottimale. Per l’utente il vantaggio sta nel non doversi sobbarcare l’investimento iniziale e non dover pensare a manutenzione e cura dell’impianto.

PER SPIANARE LA STRADA alla decarbonizzazione degli edifici, secondo Eeb, è necessario che le normative europee siano coerenti con l’obiettivo: è nella selva di direttive che servono diversi ritocchi. In quella sul consumo energetico degli edifici sarà opportuno introdurre una definizione univoca e più stringente di cosa sia un edificio a zero emissioni (Zeb, Zero Emissions Building), fino ad oggi lasciata ai legislatori dei singoli stati membri che non hanno escluso la presenza di impianti alimentati con combustibili fossili.

ANCHE LA REVISIONE DELLA DIRETTIVA sulla tassazione dell’energia, che dovrebbe iniziare a giorni, dovrà favorire l’uso delle energie rinnovabili nelle comunità energetiche e l’elettrificazione dei consumi incentivando la diffusione del fotovoltaico e delle pompe di calore. Su questo provvedimento è intervenuta nei giorni scorsi la Corte dei Conti europea con un’analisi del periodo 2008-2021, sottolineando ancora una volta che le politiche di tassazione dell’energia non sono allineate agli obiettivi climatici: «In base alla direttiva in vigore – si legge in una nota dei magistrati contabili Ue – le fonti energetiche più inquinanti possono beneficiare di un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quelle più efficienti sul piano delle emissioni di carbonio: ed esempio, il carbone è tassato meno del gas naturale, così come alcuni combustibili fossili lo sono molto meno rispetto all’elettricità… Un basso livello di prezzi del carbonio e di imposte sull’energia per i combustibili fossili aumenta il costo relativo delle tecnologie più ecologiche e ritarda la transizione energetica».

ANDRA’ POI RIVISTA LA DIRETTIVA sull’efficienza energetica, là dove consente di calcolare i risparmi anche sulla base dei consumi dei fossili: è il meccanismo per cui oggi in Italia vengono incentivate caldaie a gas come quelle a condensazione, che sono sì più efficienti, ma continueranno a bruciare gas per decenni.

QUANTO ALLA REVISIONE DELLA DIRETTIVA sulle energie rinnovabili, Eeb auspica che introduca un target ambizioso sul riscaldamento che preveda un tetto massimo per le biomasse. «Le regole introdotte fino ad ora non sono sostenibili – fa notare Sabbadin – nell’Europa del Nord, dove vengono tagliate foreste invece di utilizzare solo i cascami del legno, non vogliono limiti all’utilizzo delle biomasse, mentre l’Italia non vuole target sul riscaldamento. Senza un tetto e senza target, con questi prezzi del gas, rischiamo di trovarci con milioni di stufette a pellet, che certo non giovano a all’inquinamento atmosferico». Infine, con la revisione delle direttive ecodesign ed etichetta energetica occorre prevedere una data ultima per l’immissione sul mercato di caldaie a metano non ibride. Data che ancora non è stata scritta.