Dal Plan Colombia a Paz Colombia. Cambia il nome, ma i decisori restano gli stessi. A 15 anni dall’accordo bilaterale firmato dai due presidenti di allora, Andrés Pastrana (Colombia) e Bill Clinton (Stati uniti), l’attuale capo di stato colombiano, Manuel Santos, e il suo omologo nordamericano, Barack Obama, hanno rinnovato a Washington il patto fra i due paesi, rafforzato dal placet della direttora del Fondo monetario internazionale, Cristine Lagarde. Santos ha anche ricevuto appoggio dal Segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), Luis Almagro, e dal Presidente della Banca interamericana per lo sviluppo (Bid), Luis Alberto Moreno, che ha organizzato un forum sul “postconflitto”.

Viene definito così il periodo successivo a un eventuale accordo con le due principali guerriglie, quella marxista delle Farc e quella guevarista dell’Eln, che esistono da oltre cinquant’anni. Dal 2012, sotto l’egida della Norvegia e del Venezuela, si stanno svolgendo negoziati a Cuba e le trattative sembrano giunte alla fase finale. Nonostante le resistenze dell’Eln e gli scogli ancora sul tavolo, Santos conta di concludere tutto entro il 23 marzo per pensare a un eventuale Nobel. E intanto predispone il terreno per nuovi affari all’insegna della paz. Obama ha promesso di stanziare, nel 2017, aiuti per 450 milioni di dollari: «Siamo stati soci della Colombia in tempo di guerra – ha detto – e resteremo soci anche in tempo di pace».

Nelle intenzioni della Casa Bianca, il nuovo accordo avrà tre pilastri principali: uno relativo alla sicurezza e alla lotta al narcotraffico, che prevede il rientro delle Farc nella vita politica; il secondo che mira ad espandere la presenza dello Stato, per «rafforzare lo stato di diritto e le economie rurali, specialmente nelle zone di conflitto»; il terzo che intende promuovere la giustizia e la protezione essenziale alle vittime. Altri soldi verranno stanziati per le operazioni di sminamento, nel secondo paese al mondo per vittime di esplosivi dopo l’Afghanistan.

Dati i precedenti, tutti convengono che, nonostante l’anno elettorale negli Usa, il piano di aiuti verrà approvato senza ostacoli da entrambe le Camere. Ieri come oggi, il Plan mira a incrementare la presenza e il controllo Usa in una regione cardine in America latina: fonte di petrolio, carbone, oro e altri materiali preziosi e sede di 7 basi militari. La Colombia sta all’America latina come Israele sta al Medioriente. Un ruolo determinante in un momento di fragilità per le forze progressiste nel continente, a cominciare dal petrolifero e socialista Venezuela, su cui gli Usa premono utilizzando i conflitti alla frontiera. Dal 1996 a oggi, gli Usa hanno stanziato per il Plan Colombia 9 mila milioni di dollari di aiuti, soprattutto militari: 296 milioni solo per l’anno fiscale 2016.

Obama ha lodato l’efficacia del Plan Colombia, nonostante le ripetute violazioni ai diritti umani, l’impiego dei paramilitari, gli omicidi mirati e i «falsi positivi» (uccisioni di contadini o civili fatti passare per guerriglieri), e il fallimento degli obiettivi dichiarati (la lotta al narcotraffico e la sicurezza). Per garantire il rispetto degli accordi nelle zone di pace, saranno inviati osservatori Onu ed emissari della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (Celac).