L’ultima giornata di silenzio elettorale prima dell’apertura delle urne di oggi è passata, per gli sherpa di entrambi gli schieramenti, a sondare Roma municipio per municipio, associazione per associazione, circolo per circolo, per tentare di “pesare” il pericolo astensionista.

Lo spettro dei seggi vuoti spaventa a destra come a sinistra. Nella Capitale, che ha registrato con il suo 52% uno dei minimi italiani per affluenza, e considerando che al secondo turno un buon 10% di ulteriore calo del voto è «fisiologico», c’è il rischio che il nuovo sindaco, qualunque sarà, si ritrovi a capo di un governo con un risicato consenso popolare.

Gianni Alemanno, che a conti fatti al primo turno ha incassato il consenso solo del 17% dei due milioni e trecentomila romani chiamati alle urne, vede in quei «100 mila cittadini che hanno ritirato il certificato elettorale in vista del ballottaggio», un segno che «il vento sta cambiando» in suo favore.

«L’astensionismo del primo turno – ha ripetuto più volte negli ultimi giorni il sindaco uscente – ha premiato l’apparato. Se avremo un’affluenza degna, questo ballottaggio lo vinciamo noi». Perché è evidente che a disertare i seggi sono stati soprattutto gli elettori di destra. Forse è per questo o forse perché ormai sta già pensando al suo nuovo ruolo nel Pdl, smessi i panni da sindaco – a proposito, gli hashtag più gettonati su twitter Gianni e Aledanno sono già mutati in Ciaogianni e Byebyealedanno – che Alemanno ha chiuso la sua mesta campagna elettorale con toni, temi e perfino look quanto mai estremisti, tali da far sembrare semplici spalle i testimonial Francesco Storace e Giorgia Meloni, con lui sul palco a intrattenere gli anziani portati in gita.

Domani dalle 15 in poi, a urne chiuse, lo spoglio dei voti ci dirà se Roma ha voglia di cambiare faccia e di trainare, da Capitale, anche il resto del Paese. Se ha voglia di abbandonare una disastrosa amministrazione di centrodestra e contemporaneamente di dare anche un segnale al corpaccione paludato del centrosinistra votando un sindaco che ha il grande pregio di non accontentare completamente nessuno, dentro il Pd.

Ieri mattina però al Palazzo delle Esposizioni dove il veltroniano Goffredo Bettini presentava il suo libro «Carte segrete» e Gianni Borgna, ex assessore alla cultura capitolino e attuale presidente della Fondazione Musica per Roma, il suo «Una città aperta», Ignazio Marino ha potuto constatare che il cuore dell’intellighenzia romana non batte certo per il suo avversario. Loro sono pronti a sostenerlo.

Ma il problema anche per Marino sono i cittadini lontani dalla politica, i delusi dalle larghe intese, i disamorati a causa del governissimo o delle amministrazioni di ogni colore incapaci di dare slancio alla Capitale, gli analfabeti sociali, gli emarginati o coloro che credono che il non-voto sia l’unico segnale politico degno di essere agito. Per questo anche lui ha lanciato venerdì sera l’ultimo appello: «Dobbiamo convincere gli indecisi che possiamo davvero cambiare tutto. Il 9 e 10 dobbiamo liberare Roma e farla tornare a sorridere».

Come già fece Nicola Zingaretti, che tanto si è prodigato nelle ultime settimane per sconfiggere Alemanno, anche il chirurgo Dem seguirà lo spoglio per il ballottaggio a Piazza di Pietra, con un quartier generale instaurato presso il Tempio di Adriano. Nello stesso luogo dove l’attuale governatore della Regione Lazio festeggiò la sua vittoria su Renata Polverini. E dove presumibilmente lo staff di Marino sta immaginando la festa finale. Con tutti gli scongiuri del caso.