Quaranta dei 200 operatori che ogni giorno raccolgono i rifiuti a Pietrasanta, Serravezza e Forte dei Marmi saranno messi a dieta dall’azienda per cui lavorano, la Ersu, perché troppo in carne. Se si considerano le statistiche Istat, i netturbini della Versilia, con il loro 20%, sono ben al di sotto della media nazionale secondo cui, nel 2015, gli italiani sovrappeso arrivavano al 45,1%, di cui il 9,8% obesi. Sebbene fra qualche mugugno di alcuni dipendenti, sindacati e azienda si sono trovati d’accordo nel far partire un programma di dieta collettiva aziendale.
La ragione, secondo il direttore della Ersu Walter Bresciani Gatti, è che scendere e salire da un camion fra le 400 e 600 volte in 6 ore è faticoso e, sebbene il tasso di infortuni sia abbastanza ridotto, la maggior parte degli incidenti avviene proprio durante quel su e giù.
In effetti, se si hanno 20, 30 o 40 chili di troppo e ogni dieci metri devi saltare giù o inerpicarti su un camion, si è molto più a rischio di cadute, slogature, strappi, rotture, e nemmeno cuore e polmoni sono tanto contenti. Quando, nel 2014, Pierfrancesco Favino dovette ingrassare venti chili per interpretare Mimmo in Senza nessuna pietà di Michele Alhaique, disse:«Volevo capire che cosa significa portarsi addosso tutti quei chili di troppo. La vita da grasso cambia completamente perché il corpo diventa un peso da spostare. Fatichi a respirare, a dormire, ti alzi con il mal di schiena, ti muovi più lentamente e, insomma, diventi un’altra persona».

 

 

Tuttavia, un conto è decidere da soli di dimagrire, un altro è se lo chiede il datore di lavoro. Ho la sensazione che l’accordo fra Ersu e sindacati sia il primo del genere in Italia e per le seguenti ragioni. Sempre più imprese promuovo il wellness fra e per i dipendenti perché un lavoratore con un sano stile di vita e in salute è molto più presente, produttivo e disposto all’ottimismo di uno malato e pieno di acciacchi. Nei paesi in cui la sanità è affidata in gran parte alle assicurazioni, sempre più compagnie fanno sconti ai clienti che dimostrano di smettere di fumare, dimagrire, fare attività fisica e adottare sane abitudini. Alla Ersu si è andati ancora più avanti, si è deciso di fare dell’educazione alimentare non solo una raccomandazione, ma un obiettivo aziendale con tanto di patto sindacale.

 

 

Da una parte mi viene da dire: bravi! Dall’altra non posso non farmi qualche domanda. La dieta, così come smettere di fumare o decidere di fare attività fisica, fa parte di quelle scelte determinate un po’ dalla ragione e un po’ dal sentimento.
Siccome si tratta di chiudere abitudini annose, l’impresa ha successo se nasce da un desiderio profondo di cambiamento prima ancora che da una raccomandazione medica. Una malattia, una crisi affettiva, una svolta personale, uno svelamento, nuove consapevolezze sono spesso l’elemento scatenante e qui sta la sfida più grossa dell’accordo dimagrante dell’Ersu.
Per dare una svolta profonda alle proprie abitudini non basta una regola, bisogna volerlo, bisogna sentirne il bisogno. Se si obbliga qualcuno a mettersi a dieta, è sicuro che la dieta fallirà. Se, invece, si riesce a far capire che cosa significa mangiare sano e a far provare il piacere di spostarsi con 10, 15, 20 chili di meno, allora i netturbini della Versilia diventeranno e resteranno dei figurini.

 
Potranno anche far concorrenza, nell’immaginario femminile, al famoso pompiere che Rossana Campo trasformò in idolo femminile nel suo romanzo In principio erano le mutande. Tenere pulita la città, in fondo, non è meno eroico che spegnere incendi. Ora sappiamo che anche in quel caso ci vuole il fisico.

mariangela.mianiti@gmail.com