Il tema della mobilità sostenibile si sta diffondendo a macchia d’olio, perché la questione ambientale, gli allarmi smog, i cambiamenti climatici sono fattori che anche i più scettici cominciano a far fatica a negare.
Purtroppo mi sono resa drammaticamente conto, soprattutto negli ultimi mesi in cui come FIAB abbiamo seguito la campagna elettorale per l’elezione del nuovo Governo, che il tema della mobilità sostenibile è «declinato» dalla maggioranza dei cittadini e parti politiche con lo sviluppo dell’auto elettrica.

NON VOGLIO ENTRARE ORA NEL MERITO se l’auto elettrica sia più o meno inquinante di un’auto a benzina o diesel: i pareri sono molteplici – e spesso contraddittori – sui giornali e i media vari (e gli esperti dei social si sprecano anche in questa vicenda), ma nell’attesa di capire meglio è necessario fare delle valutazioni che vadano oltre il tipo di trazione utilizzata per l’auto e per questo voglio parlare di spazio pubblico.

Il tema dello spazio pubblico, inteso come tutto ciò che è fuori dalla nostra casa, è molto delicato. Ne abbiamo una percezione quanto meno distorta che, da un lato, ci porta a non considerarlo nostro e quindi butto la carta in terra, imbratto i muri, lascio deiezioni canine sui marciapiedi e via elencando, perché se ne «deve» occupare il Comune/Regione/Stato, senza pensare che queste nostre azioni hanno risvolti economici che pesano sulle nostre finanze, anche se non lo percepiamo immediatamente (e poi vai di lamento per le tasse troppo alte).

Dall’altro lato, invece, quando si tratta della nostra auto, lo spazio pubblico viene percepito come un diritto privato solo per il fatto di possedere una macchina.

Ecco che allora lo spazio pubblico diventa oggetto di conquista per il quale si è disposti anche a sacrificare, per un parcheggio o per la strada libera, la propria salute e quella dei propri figli, il suolo agricolo per le grandi infrastrutture, senza domandarsi dove coltiveranno il cibo che mangiamo, rinunciando così alla possibilità di vivere la città attraverso i suoi servizi, i luoghi d’incontro o il commercio locale.
E mentre la gran parte della politica si arrovella per capire come riconvertire il parco auto da benzina o diesel a elettrico, sembra che nessuno si accorga che con investimenti contenuti si riesce a dare risposte sostenibili alle necessità di mobilità di un gran numero di cittadini.

FACCIAMOCI DUE CONTI IN TASCA, come la «casalinga di Voghera» a cui mi sento tanto vicina per la capacità di tenere insieme situazioni familiari complesse con le poche risorse a disposizione. Immaginiamo che domani mattina il 50% della popolazione si possa comperare un’auto elettrica, il sindaco della città deve: attrezzare un numero congruo di aree per la ricarica delle auto, mettere a disposizione spazio adeguato per permettere la sosta per un certo lasso di tempo (ho visto schede tecniche che parlano di temi di ricarica fino a 5 ore), prevedere anche uno spazio sosta per auto che devono attendere il loro turno per potersi ricaricare. Ma siccome le aree di parcheggio, si sa, sono sempre poche, forse il sindaco può decidere che i parcheggi oggi presenti in città vengano attrezzati solo per le auto elettriche.

E il resto del 50% con auto «antica»? Ah, forse occorre trovare nuovo spazio, magari all’esterno della città perché, giustamente, le auto a trazione tradizionale vanno disincentivate. Costo dell’operazione adeguamento città di media dimensioni: basteranno 500.000 euro?

A OCCHIO NO, MA FACCIAMO FINTA che invece riesco ad attrezzare tutta la città: come lo risolvo il problema dell’impossibilità di dare spazio pubblico a tutte le auto? Sacrifichiamo piazze e aree pedonali? Asfaltiamo parchi e giardini? Tiriamo a sorte su chi può comperarsi la terza o quarta auto (del resto anche il figlio più piccolo nel frattempo è diventato maggiorenne).

Tutto questo ragionamento per dire che, prima di tutto, la risorsa sostenibile per antonomasia è quella che non si usa. Se vado a piedi o in bicicletta a scuola o al lavoro non ho bisogno di risorse se non quelle delle mie gambe e occupo spazio pubblico limitato con un beneficio per chi, invece, quello spazio lo ha proprio bisogno, come un’auto con una persona che non può camminare. Se vado a piedi o in bicicletta il mio impatto sulla strada è minimo e dunque i costi di manutenzione dello spazio pubblico sono molto contenuti, ma anche la realizzazione di infrastrutture leggere per pedoni e ciclisti hanno dei costi molto contenuti.

SE IN TANTI ANDIAMO A PIEDI o in bicicletta in città l’aria è meno inquinata da subito e non devo aspettare il 2025 perché qualcuno impedisca a auto molto inquinanti come i diesel di non transitare in città. Se in tanti riusciamo ad avere uno stile di vita sano, basato su una mobilità quotidiana attiva, in tanti avremo un benessere psico-fisico maggiore, soprattutto bambini ed anziani, con un risparmio per tutti sulle spese per la sanità.

A OCCHIO CON 500.000 EURO riesco ad adeguare una città di medie dimensioni semplicemente realizzando infrastrutture leggere come zone 30 e interventi per disincentivare l’uso dell’auto (esempio, costo molto alto dello spazio pubblico adibito a parcheggio) e da subito ho un ritorno economico per la città che mi permette di dare magari incentivi economici per il trasporto pubblico.
Insomma, l’attenzione al tema della mobilità ciclistica deve rimanere ancora molto alta perché altrimenti rischiamo di dover continuare a fare battaglie per lo spazio pubblico per i prossimi decenni, finché qualcuno non andrà a cercare parcheggio su Marte come ha fatto già Tesla!

Vi aspettiamo quindi a Roma il 28 aprile, per la Bicifestazione per rivendicare il diritto delle persone ad avere ed usufruire dello spazio pubblico.

* Presidente Fiab Onlus