C’è un altro studio, questa volta del 2015, tra le carte sequestrate dalla squadra mobile di Genova su ordine dei magistrati che indagano per il crollo del ponte Morandi. Si tratta di un lavoro del Cesi, un centro che si occupa di verifiche strutturali, che tre anni su committenza della stessa società Autostrade per l’Italia segnalava l’esigenza di un «monitoraggio dinamico, ossia continuo» del viadotto sul Polcevera. Non è l’unico studio che raccomandava alla società che ha in concessione la metà della rete autostradale italiana di monitorare il ponte Morandi, il più noto e recente è quello del Politecnico di Milano che nel 2017 aveva raccomandato l’installazione di speciali sensori sul ponte. Al momento del crollo però sul ponte Morandi non risultano installati e operativi sistemi di monitoraggio.

Ieri, giorno in cui sono arrivate al ministero delle infrastrutture le lettere di Autostrade in risposta all’avvio formale della procedura di revoca della concessione, si è occupato del destino di Atlantia – il gruppo nel quale è inserita Autostrade per l’Italia – il settimanale inglese Economist. Parlando di «posizione precaria» del gruppo. Anche se la nazionalizzazione della gestione della rete «appare solo una remota possibilità». Anche solo revocare la concessione «è più facile a dirsi che a farsi. Gli analisti stimano che se dovesse essere revocata ad autostrade spetterebbe un rimborso di 10-15 miliardi di euro». Secondo l’Economist «la dimensione e la complessità della concessione ad Autostrade, tutta la sua rete è coperta da un solo accordo, rendono anche difficile smembrarla». In conclusione «Autostrade pagherà un prezzo pesante per il disastro, ma potrebbe ancora mantenere intatte le sue attività».
Intanto il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Toninelli (M5S) ieri ha detto che il governo vuole «rinegoziare tutte le convenzioni con tutti i concessionari». E intanto il suo ministero deve mettere in piedi la rete degli ispettori sulla manutenzione delle autostrade, che da sei anni è di sua competenza. Ma la direzione preposta «ha solo cento addetti di cui cinquanta amministrativi»