Dopo aver operato nei Territori palestinesi occupati per anni attraverso una filiale, il Fondo nazionale ebraico si prepara a scendere in campo in via ufficiale per dare un nuovo importante impulso alla colonizzazione israeliana e all’annessione di fatto allo Stato ebraico di larghe porzioni di Cisgiordania. I dirigenti del Fne si incontreranno domani per discutere una proposta che darà al fondo la facoltà di acquistare terreni in modo da espandere gli insediamenti coloniali. A rivelarlo è il portale Walla, uno dei più importanti e seguiti d’Israele. Il Fne, scrive, darà priorità alla acquisizione di terreni adiacenti alle colonie esistenti in modo che possano essere utilizzati per la loro espansione. Dai vertici dell’organizzazione non sono ancora giunte conferme alle rivelazioni di Walla.

Il nome non dirà molto a tante persone ma il Fondo nazionale ebraico (in ebraico Keren Kayemet LeYisrael) è un vero e proprio colosso. Ed è stato una colonna dell’impresa sionista nella Palestina storica culminata nel 1948 nella fondazione dello Stato di Israele. Già al primo congresso sionista nel 1897 fu caldeggiata l’idea di un fondo per l’acquisto di terreni. Che trovò realizzazione con la nascita ufficiale del Fne al quinto congresso sionista di Basilea nel 1901. L’anno successivo il fondo ebbe in dono il primo appezzamento di terra, 20 ettari nei pressi della odierna Hedera. Dopo il 1948 ha acquistato dallo Stato terreni degli «assenti», i palestinesi divenuti profughi. Per questo il Fne è da sempre bersaglio di attacchi da parte dei palestinesi. Sotto accusa spesso è finita una delle sue attività più importanti, il rimboschimento (ha piantato milioni di alberi), svolta anche con finalità politiche. Gli alberi sono stati piantati per delimitare lo spazio israeliano e nei villaggi arabi svuotati dei loro abitanti. Gli ulivi della tradizione palestinese sono stati sostituiti da pini e cipressi allo scopo, denunciano alcuni, di oscurare le tracce della presenza araba prima della nascita di Israele.

Considerando i capitali a sua disposizione, il Fne è destinato a giocare un ruolo di primo piano per lo sviluppo delle colonie in Cisgiordania. Stando a quanto riferisce Walla, il fondo darà la priorità a terreni nel blocco degli insediamenti di Gush Etzion, nella Valle del Giordano, nelle aree intorno a Gerusalemme, nelle colline a sud di Hebron sud e nelle zone adiacenti alla linea di armistizio prima della guerra del 1967. Il Fne, aggiunge il portale, intensificherà il rimboschimento di aree aperte in Cisgiordania in coordinamento con l’Amministrazione Civile, che gestisce gli affari civili per conto delle forze armate israeliane. «Si tratta – ci spiega Dror Etkes, geografo israeliano ed esperto di colonizzazione – di un modo per continuare il processo di annessione che (il premier) Netanyahu ha congelato la scorsa estate e per delimitare in modo più netto le aree della Cisgiordania che Israele intende controllare».

Etkes aggiunge che il Fne non investirà nell’acquisto di terreni nell’area di Nablus. «Concretamente significa che non considera quella zona ‘sicura’, ossia parte di Israele al cento per cento in futuro e che, pur includendo alcune colonie ebraiche, potrebbe passare al controllo di una possibile entità palestinese, cantoni con ogni probabilità, non uno Stato». Non sorprende che Bezalel Smotrich, leader di uno dei partiti di estrema destra religiosa, abbia elogiato la proposta in discussione sul ruolo del Fne in Cisgiordania. «Finalmente – ha commentato – il Fondo nazionale ebraico torna a svolgere la sua funzione: riscattare la terra in Eretz Israel allo scopo di stabilirvi gli ebrei».