Sembriamo condannati a un errore persistente: naturalizzare l’esistente dimenticando di vedere l’arbitrarietà dei sistemi che costruiamo; a volte anche se causano una frattura metabolica irreversibile, come nel caso dell’acqua.

L’acqua, culla del vivente, costituisce parte del sistema comune che ci precede e ci attraversa. Preservarla significa preservare la vita stessa, mercificarla un tentativo di suicidio collettivo.

La deliberazione popolare di 10 anni fa riconosceva una categoria ampia di beni, i beni comuni, di cui l’acqua diveniva l’emblema.

La lotta sui beni comuni di cui i movimenti ecologisti sono una ideale continuazione sono la soluzione a monte del tema della gestione delle risorse: partecipazione la parola chiave. Un sistema decentrato e basato sulle scelte di cittadini e cittadine nei territori per riportare la politica nelle comunità, fuori dalla logica del profitto e dentro una nuova convivialità.

La vicenda del referendum abrogativo può essere così brevemente riassunta: due quesiti sull’acqua bene comune, una risposta popolare impressionante, una vittoria. Vittoria che si tradusse col blocco all’obbligo di privatizzazione della gestione dell’acqua ma che lasciò inascoltata la richiesta generale dell’uscita di tutti i beni d’interesse pubblico dal mercato.

Le rivendicazioni non sono mai finite, dalla legge di cui recentemente si è parlato su queste pagine, rimasta come molte depositata e mai discussa, alle varie mobilitazioni contro la gestione delle multiutilities.

D’altronde gli usi dell’acqua sono numerosissimi e si legano all’insostenibile sistema produttivo che causa la crisi climatica: sia in agricoltura che nel settore energetico gli sprechi o usi doppiamente dannosi, pensiamo al fracking, si moltiplicano.

Una risorsa insostituibile e pervasiva, esempio del funzionamento del sistema interconnesso in cui viviamo e della situazione di consumo intensivo che continua da anni, in una spirale viziosa: il sovra consumo accelera le conseguenze della crisi climatica che a sua volta richiede più acqua.

In un momento come questo il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha sottolineato che il PNRR perpetua il business as usual e il sistema di privatizzazione, soprattutto al mezzogiorno. Così giustizia sociale e climatica diventano irrealizzabili.

Nell’anno in cui ricorre il ventennale del g8 di Genova, del social forum che coniò il concetto di giustizia climatica sintetizzando la necessità di una conversione che sia per tutt* e che consideri i diritti delle generazioni future, la manifestazione nazionale sui beni comuni e gli altri eventi di lancio devono essere il rilancio di una stagione di rinnovate manifestazioni.

A Roma a piazza dell’Esquilino alle 15:30 il 12 giugno.

Ci si vede in piazza!