Il segretario di Stato Usa Rex Tillerson – petroliere «amico» di Putin – alla sua prima riunione della Nato, ha subito «rassicurato» gli alleati sull’impegno «del Presidente Trump» e sull’esistenza del «nemico. «Vogliamo discutere la posizione della Nato in Europa, in particolare nell’Est Europa in risposta all’aggressione della Russia in Ucraina e altrove», ha detto Tillerson.

E anche sul resto non si è smentito. «Non è più sostenibile che gli Stati Uniti mantengano una quota sproporzionata delle spese per la difesa della Nato» ha dichiarato, quindi «gli alleati devono dimostrare con le azioni che vogliono condividere l’impegno del governo americano» e per questo «devono aumentare le loro spese per la difesa in modo da rispettare il loro impegno» preso nel 2014 in Galles già con Obama presidente, di portare le spese al 2% del Pil entro dieci anni, con piani «da preparare subito»: l’obiettivo tra due mesi, al vertice del 25 maggio è l’accordo che «entro la fine dell’anno tutti gli alleati o rispettano la promessa fatta o presentino piani che articolino chiaramente come sarà rispettata». Tillerson ha altresì ribadito: «Una minaccia a uno degli alleati è una minaccia contro tutti noi. Gli Usa «non abbandoneranno i loro alleati o dimenticheranno i loro amici». Ma – ha concluso – noi non possiamo continuare a proteggerli senza che ci si venga incontro sulle responsabilità condivise in termini finanziari e di altre risorse».

Del resto il segretario dell’Alleanza, Jens Stoltenberg aveva già annunciato che la decisione sul 2% del Pil «sarà presa dai capi di Stato nel vertice con Donald Trump del 25 maggio a Bruxelles». Specificando che i piani nazionali dovranno «indicare non solo la spesa in denaro», ma anche gli investimenti sulle «capacità» e «gli impegni di forze per le missioni ed operazioni della Nato», anche in piani «diversi da paese a paese», ma sempre rispettando l’impegno del 2014.

E qui casca l’asino. Perché l’Ue, dopo il disastro della Brexit, vuole rilanciarsi su difesa comune, (non alternativa alla Nato ma aggiuntiva). L’aumento e in alcuni casi il raddoppio delle spese per l’Alleanza atlantica andrà quindi a sommarsi a quelle europee. Dove prenderanno questi soldi se non tagliando i rispettivi welfare, è facile immaginare.

Il ministro Alfano ha schierato l’Italia sull’aumento di spese per la Nato e con vanto: «Abbiamo già invertito la rotta fermando i tagli alla Difesa. Abbiamo già raggiunto il target del 20% degli investimenti nelle nostre spese di difesa». Dai dati ufficiali della Nato la spesa italiana per la difesa è di circa 20 miliardi di euro nel 2016, equivalenti a circa 55 milioni di euro al giorno. Per il Sipri, circa 22 miliardi, cioè oltre 60 milioni di euro al giorno. Spendendo il 2% del pil (al valore del 2015), la spesa ammonterebbe a circa 34 miliardi di euro, per circa 93 milioni di euro al giorno.

Tuttavia per l’incremento Nato – ha detto Alfano – deve essere fatto «dal punto di vista europeo. tenendo conto dei vincoli del Patto di Stabilità e delle spese già effettuate per operazioni di ‘search and rescue’ nel Mediterraneo». Ben diverso comunque dall’atteggiamento rigido della Germania che, alla richiesta Usa, ha risposto con Sigmar Gabriel: «è irrealistico il fatto che Berlino raddoppi il suo budget».