Il Tribunale di Ivrea ha condannato l’Inail a corrispondere una rendita vitalizia da malattia professionale a Roberto Romeo, 57 anni, a cui è stato diagnosticato un tumore dopo avere usato un telefono cellulare senza protezioni per 15 anni consecutivi e per più di tre ore al giorno . In una sentenza del 30 marzo scorso il giudice del lavoro di Ivrea, Luca Fadda, ha riconosciuto che il tumore, benigno e non invalidante, è stato causato dall’uso scorretto del cellulare.

«All’inizio i medici pensavano a un attacco batterico – ha raccontato Romeo – Ma poi gli esami e la risonanza magnetica hanno fatto chiarezza: era un tumore al cervello, benigno ma invalidante». «Telefonavo in continuazione: a casa, in macchina, per parlare con i collaboratori, per organizzare e coordinare le operazioni. Chiacchierate che duravano fino a venti minuti, mezz’ora in alcuni casi. In tutto dalle tre alle quattro ore al giorno. E così mi sono ammalato».

La storia della malattia di questo dipendente Telecom è iniziata nel 2010. All’uomo, che ha scoperto di essere affetto da neurinoma dell’acustico, è stato asportato il nervo acustico ed è sordo dall’orecchio destro. «Non voglio demonizzare il cellulare, ma sensibilizzare datori di lavoro e dipendenti, perché altre persone non si ritrovino nella mia situazione – precisa – Sono in molti a non staccarsi mai dal cellulare, a tenerlo sempre accesso, a caricarlo sul comodino di fianco al letto o, addirittura, a dormire con il telefonino sotto il cuscino. Sono comportamenti da evitare. E le logiche lavorative devono tenere conto dei rischi a cui il cellulare espone».

«Speriamo che la sentenza in cui viene individuato il nesso di causa tra un uso prolungato del cellulare e una grave malattia possa servire per promuovere una campagna di sensibilizzazione che in Italia ancora manca» ha sostenuto l’avvocato Renato Ambrosio il cui studio legale promuove una piattaforma – neurinoma.info – dedicata a chi è stato colpito da neurinoma. Per Angelo Levis, consulente ascoltato dal tribunale durante la causa, a differenza degli altri paesi europei l’Italia non prende misure per contenere la nocività dei telefonini perché gli esperti «continuano a sostenere l’innocuità delle radiazioni».

Per Alessandro Polichetti, primo ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanit, il nesso fra l’uso del telefono cellulare e il tumore «non è dimostrato. C’è qualche sospetto. Ma non è dimostrato. Anzi, le ultime ricerche tendono ad affievolire anche il sospetto». Parere convergente con l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) secondo la quale «al momento non sono stati provati effetti avversi» provocati dall’impiego del cellulare. In vent’anni gli studi si sono concentrati sugli effetti dei campi a radiofrequenza, l’attività elettrica del cervello, funzione cognitiva, sonno, battito cardiaco, pressione e tumori. I ricercatori dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità hanno classificato nel 2011 i campi elettromagnetici a radiofrequenza quali «possibili cancerogeni» per l’uomo.

Il gruppo di lavoro – 31 scienziati di 14 Paesi – ha concluso che l’analisi dell’uso dei telefoni cellulari per oltre 10 anni non ha dimostrato un aumento del rischio di glioma o meningioma. Per gli esperti c’erano «alcune indicazioni di un aumento del rischio di glioma» per i super-utenti che stanno per ore e ore al giorno al telefonino. In attesa di nuove analisi, anche su utenti adolescenti, gli esperti non escludono i rischi e continueranno a monitorare il legame fra telefonini e tumori. Agli utenti consigliano di ridurre l’esposizione ai campi elettromagnetici, usando auricolari e sms.