Un calo di un giorno non può fare notizia, ma due giorni consecutivi in cui le vittime quotidiane diminuiscono strappano qualche cauto sorriso. Il bilancio delle vittime delle ultime 24 ore è sempre pesante, visto che 602 persone hanno perso la vita. Ma ieri erano state 651, e sabato quasi ottocento.

I nuovi casi positivi sono 4800, un po’ meno dei 5600 di ieri. Anche il numero di pazienti destinati alla terapia intensiva cresce più lentamente del solito (195 nuovi pazienti, +8%). Si dovranno aspettare i prossimi giorni per scoprire se è l’inizio di un trend, una semplice oscillazione statistica oppure, e sarebbe lo scenario peggiore, il risultato della diminuzione dei tamponi.

Ieri se ne sono fatti diciassettemila, cioè novemila in meno rispetto ai due giorni precedenti. «Questa è una settimana molto importante per noi» dice Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità nel comunicare il bollettino quodiano insieme al capo della protezione civile Angelo Borrelli.

«Non mi sento ancora di sbilanciarmi. Quello che vediamo oggi è l’effetto delle misure prese all’inizio di marzo. I dati che vediamo oggi non sono figli degli ultimi provvedimenti».

La frenata dei dati di ieri riguarda soprattutto il nord, ma esclude il Piemonte e la Val d’Aosta. Anche in queste regioni la disponibilità di letti in terapia intensiva è interamente saturata dal COVID-19 e per accogliere tutti coloro che ne hanno bisogno sono stati ricavati nuovi reparti, fino a sistemare i pazienti in sala operatoria. Anche ieri gli ospedali sono ricorsi agli elicotteri della Centrale operativa remota delle operazioni di soccorso sanitario (CROSS) per trasferire 6 pazienti in altre regioni, e dall’inizio dell’emergenza sono ormai oltre settanta. Inoltre, due pazienti sono stati spostati all’ospedale di Lipsia in Germania, che ha dato disponibilità per accoglierne altri sei.

La crescita dei casi nelle regioni del sud è invece ancora elevata: in percentuale, le regioni in cui le vittime aumentano più velocemente ieri sono state Campania, Sicilia e Sardegna. Ma per ora sono numeri molto piccoli. «La scommessa delle misure è nel sud non si riproducano le stesse curve che oggi vediamo al nord», dice Brusaferro. «Se l’atteggiamento sarà rigoroso credo che ci sarebbe una concreta possibilità che le curve non si ripresentino. Alcuni quotidiani, soprattutto locali del sud, mostrano strade piene di gente. Se non siamo attenti e rigorosi, le dinamiche non risentono della latitudine e si riproducono indipendentemente dalla geografia. Dove riduciamo il distanziamento sociale, sia in Sicilia che in Friuli, il virus si trasmette. I dati di oggi non devono darci illusioni».

Il governo si rivolge anche a università, aziende ed enti di ricerca per trovare soluzioni tecniche all’emergenza. Ieri il ministero dell’innovazione ha pubblicato un invito battezzato «Innova Italia» per chiedere a ricercatori pubblici e privati idee e contributi per lo sviluppo di ventilatori polmonari, di test diagnostici, di strumenti informatici di contenimento e monitoraggio dell’epidemia (cioè le famose app per applicare il «modello Corea del Sud») e di dispositivi di protezione individuale come mascherine. In realtà se oggi le mascherine mancano non è per la mancanza di innovazione ma per il motivo opposto: senza commesse pubbliche, produrre mascherine ha un valore aggiunto e un profitto troppo basso.

Così le aziende produttrici si sono concentrate in paesi come Cina, India e Vietnam, e trovarne decine di milioni in pochi giorni è diventato molto complicato in tutta Europa.

Qualche novità dal mondo dell’innovazione farmaceutica però arriva. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha dato l’ok a una sperimentazione dell’Avigan, un farmaco giapponese la cui efficacia sul Covid-19 per ora è attestata solo da qualche post sui social network. Ma la stessa Aifa spiega che non significa che il farmaco funziona. Sul «favipiravir» (questo il nome della molecola) l’Aifa avverte che «mancano dati sulla reale efficacia nell’uso clinico e sulla evoluzione della malattia”. Finora sono noti solo i risultati di un piccolo studio su pochi pazienti, in combinazione con altri farmaci. L’Aifa esorta “a non dare credito a notizie false e a pericolose illazioni».